CRIPTOMONETE. Fra alchimia e disincarnazione

CRIPTOMONETE. Fra alchimia e disincarnazione

09.06.2018

di Riccardo De Benedetti

Basterebbero i giorni convulsi, dal punto di vista politico, che stiamo vivendo per capire quanto sia importante il tema della moneta. A dire il vero è una comprensione che tutti mostriamo di possedere non appena entriamo in un negozio e mettiamo mani al portafoglio o alla carta di credito. Il più delle volte, ormai, consegniamo al negoziante un supporto di plastica che permette di verificare se siamo in grado di pagare il prezzo convenuto di una merce anche se al momento non abbiamo materialmente la quantità di denaro prevista dal prezzo. Nel caso, a pagare non saremo noi ma l’istituto che ha emesso la carta. Poi ci addebiterà la quota prelevandola dal conto che abbiamo in banca. Al momento non sa se quei soldi ce li abbiamo realmente, lo verificherà a scadenza contrattualizzata.

Anche la descrizione di una situazione apparentemente semplice e abituale ci mette in grado di comprendere la natura complessa dei rapporti che il danaro controlla, governa e consente. Il potere del denaro cammina come un’ombra attaccata a ogni mossa del nostro agire quotidiano. Sono ormai davvero pochi i momenti nei quali l’ombra svanisce lasciando il posto al nostro modo di essere: corpo voce anima.

A questa scena, che immaginiamo però ancora legata a movimenti e situazioni che da qualche parte prevedono un deposito, una riserva materiale di una certa sostanza e di un certo peso che chiamiamo moneta (nummo o nomisma in latino), presto si sostituirà la disincarnazione, l’abbandono della sua sostanza e la sostituzione con qualcosa di assolutamente virtuale, vale a dire privo di supporto materiale, o meglio con un supporto elettronico. In altre parole, energia elettrica, la stessa impiegata per produrla – questo il valore materiale del bitcoin. È un processo che ci riporta, paradossalmente, a un complesso immaginario profondissimo e sedimentato nell’agire medievale degli alchimisti nel quale il conio della moneta attingeva direttamente alla creazione della sostanza aurea partendo da elementi materiali di scarso o nullo valore. Non a caso coloro che forgiano i bitcoin vengono chiamati in gergo miners (minatori). Ricordo che nel Faust goethiano, Mefistofele garantisce il valore della carta moneta attraverso i tesori nascosti nel sottosuolo.

Questo processo di sostituzione è una vera e propria distruzione delle banconote esistenti a vantaggio di un nuovo tipo, i bitcoin, appunto. Monete elettriche, nel senso che non solo la transazione avviene attraverso le reti, come già è di fatto nella maggioranza di casi delle valute, ma anche la loro stessa produzione e il supporto del loro valore è elettrico. Il cosiddetto lavoro della moneta (simile al lavoro della parola), che dovrebbe legittimare il suo valore, è tutto ma il suo essere è niente. La criptomoneta esalta la caratteristica di garanzia della circolazione che la moneta rappresenta. Una circolazione elettrificata (ricordo che la sostanza materiale delle monete antiche si chiamava proprio elektrum): alla velocità della luce, diminuita dal lavoro di calcolo impiegato per la sua crittografazione e per la sicurezza (la cosiddetta blockchain).

In estrema sintesi, grazie alla potenza di calcolo distribuita l’intero sistema finanziario entra potenzialmente nel nostro smartphone e, in qualche modo, si rende disponibile alle transazioni più diverse.

Nonostante da decenni ormai sappiamo che i soldi non hanno più alcuna convertibilità in oro, al fondo della nostra coscienza rimane la sensazione che ogni volta che paghiamo una merce corrispondiamo per quell’oggetto una parte di una sostanza, una divisa, depositata da qualche parte nel mondo che ne garantisce il valore. Bene, con l’avvento delle criptomonete anche quella residua illusione sparirà (a questo riguardo segnalo le poche pagine, ma significative, di John R. Searle e Maurizio Ferraris, Il denaro e i suoi inganni, Einaudi). Con conseguenze che certamente gli economisti e la stessa dottrina della moneta stanno cercando di interpretare e governare, ma che, almeno nell’immediato, porranno il cosiddetto uomo della strada in una nuova condizione, forse non immediatamente percepita ma di sicuro impatto per la sua vita.

Le conseguenze, più o meno previste, di questo nuovo corso delle monete, almeno nelle intenzioni dei creatori, che rimangono abbastanza oscuri (qualcuno dice che sia un collettivo di scienziati che ha preso un nome giapponese), dovrebbero essere positive per più di un motivo: il trasferimento di denaro avverrebbe senza costi; le transazioni sarebbero decentralizzate e senza mediazione, con conseguente crollo o sostanziale ridimensionamento dei grandi istituti bancari; drastica riduzione dei regolatori istituzionali e statali; sarebbero altrettanto sicure grazie all‘impiego della tecnologia blockchain

Uno scenario che, a oggi, si potrebbe definire ancora utopico ma i cui risvolti andrebbero pensati con più attenzione e acribia e non solo sul piano strettamente economico.

Storicamente, anzi antropologicamente direi, la moneta ha consentito agli uomini di intrattenere rapporti con coloro di cui non ci fidiamo, o perché lontani, o perché diversi o perché non in grado di assolvere ai loro impegni. Le complesse regole del credito sono un esempio di questo intervento della moneta nell’intimo della costruzione delle relazioni umane – ricordo pagine splendide di Michel de Certeau sulla pratica della differenza nelle quali l’analisi sociale si sposava a quella linguistica di Benveniste sulla radice kred, credo, tra attività economica e religione (M. de Certeau, La pratica del credere, Medusa).

Se questo è vero è auspicabile che la riflessione sulle conseguenze di questo profondo mutamento del paradigma monetario provocato dall’imporsi delle criptomonete, si approfondisca e coinvolga non solo l’economia, troppo spesso ridotta a econometria, ma anche le restanti discipline dell’uomo.

Riccardo De Benedetti

Riccardo De Benedetti dirige la rivista bimestrale "MilanoAmbiente, è stato per lungo tempo caporedattore della rivista "aut aut" ed è collaboratore di varie testate, tra cui "Avvenire" e "applicando", la più importante rivista per il mondo Mac. I suoi interessi spaziano dalla letteratura francese all'impegno civile. Tra le sue pubblicazioni recenti: "La Chiesa di Sade. Una devozione moderna" (2008); "Céline e il caso delle Bagatelle" (2011); "Morire dal ridere. Processo alla satira" (2015).

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