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Perché non riesce alla Turchia, dopo più di cent’anni, di fare i conti col passato attraverso un serio atto di contrizione, come la Germania dopo il 1945? Solo una questione di orgoglio nazionale, come se un passato oscuramente colpevole potesse macchiare l’onorabilità della nazione di oggi? E’ passato un secolo dalla tragedia che colpì gli armeni ma la ferita della strage sanguina come se fosse appena avvenuta. Nei giorni scorsi papa Francesco si è recato per tre giorni in quello che fu il primo Paese a dichiararsi cristiano. Un Papa che, ricordiamo, non ebbe alcun problema un anno fa, ricordando le vicende del 1915, a parlare di “genocidio”.

Di fronte all’ennesima strage di persone innocenti accaduta in Usa si riapre la discussione sulla facilità nell’accesso alle armi da fuoco e nel loro uso. Assieme alla proposta di una legislazione più restrittiva della vendita, emerge un'altra proposta: la restituzione delle armi allo Stato da parte dei cittadini.
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Nell’agosto 2014, dinanzi ai diversi fronti di crisi che si delineavano ai confini dell’Europa, Papa Francesco iniziò a proporre una formula destinata a imprimersi nella discussione pubblica. "Siamo entrati nella terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli." Ed è proprio su questa lettura dei conflitti contemporanei che sul numero 2/2016 di "Vita e Pensiero" si confrontano tre osservatori della politica internazionale come Luigi Bonanate, Giuliano Ferrara e Riccardo Redaelli.

«È possibile recuperare un concetto condiviso di “natura” antropologica che impedisca di scivolare nelle sabbie mobili del relativismo (so che è sgradito tale termine, ma lo adotto come simbolo di una molteplicità sfaldata e babelica)»? Da questa domanda partiva il saggio del cardinale Gianfranco Ravasi "Breve riflessione sulla natura uman" (VeP 1/2016), sottolineando come la “natura umana” possa essere recuperata, in un quadro personalista, a partire dalla figura cristiana del “prossimo”. Tre filosofi provano ad articolare una risposta.

"L'assenza di donne nelle sfere decisionali della Chiesa come uno scandalo nella società contemporanea di cui non si vede una significativa inversione di tendenza”. Così scriveva due anni fa Lucetta Scaraffia su "VIta e pensiero". Quasi rispondendo a queste sollecitazioni, il Pontefice ha ipotizzato che una donna possa dirigere un dicastero vaticano.

Il nostro Paese ha fatto davvero i conti con il proprio passato sulla dolorosa pagina del terrorismo? Il Giorno della memoria delle vittime del terrorismo, che si celebra lunedì 9 maggio, è l’occasione per rivisitare alcuni articoli sulla memoria condivisa e sulla riconciliazione che i nostri concittadini hanno saputo o meno far proprie. Dall'analisi dello storico Agostino Giovagnoli alle parole di Mario Calabresi sul perdono all'excursus letterario di Ermanno Paccagnini.

Sono 5 milioni gli immigrati che hanno raggiunto il nostro Paese negli ultimi 25 anni; di questi circa 1 milione i fedeli cattolici. La visita di papa Francesco a Lesbo è occasione per rileggere un intervento di Carmelina Chiara Canta, pubblicato sul n.2 del 2010 di "Vita e Pensiero", che pone l’attenzione sui migranti cattolici che vivono nelle parrocchie italiane,

Dopo le forti parole di Papa Francesco all’isola di Lesbo sui profughi che bussano alle porte dell’Europa, vale la pena richiamare alcune parole del filosofo francese Paul Ricoeur: "Le misure prese su scala europea troppo spesso smentiscono la tradizione di asilo e protezione dei diritti e delle libertà della persona”.

Così diceva Rigoni Stern a Eraldo Affinati su "Vita e pensiero" nel 2008: “Abbiamo guadagnato un’Europa senza confini che ci dobbiamo ancora meritare, dal Mediterraneo al Baltico. Se andiamo a zappare nei millenni, ci scopriremo figli del Centro Africa: dirci siciliani o padani è ridicolo. Al mondo siamo tutti compaesani”.

La poesia può salvarci dal tele-italiano: giornali e riviste culturali in Italia trascurano enormemente, a volte ignorano deliberatamente la poesia. Eppure, nell’età delle banalizzazioni televisive e dell’impoverimento linguistico, la poesia riveste anche una funzione decisiva nell’uso responsabile delle parole.
