fbevnts Film, fumetti e serie tv: è l’ora dell’ideologia woke

Film, fumetti e serie tv: è l’ora dell’ideologia woke

16.03.2022
Un concetto che impazza a livello giovanile e che investe l’industria culturale e mediale, soprattutto in Usa. Può essere considerato il motore ideologico della cancel culture e sta scatenando polemiche infinite. Il rischio di cadere nella morte del contesto.

di Aldo Grasso, Paolo Carelli

Nel numero di novembre 2021 del fumetto Superman: Son of Kal-El, ultima recente creazione della DC Comics, i lettori e i fan delle vicende del celebre supereroe si sono imbattuti in un fatto decisamente nuovo e singolare che testimonia le evoluzioni e trasformazioni della saga e, più in generale, dell’intera industria mediale e culturale: Jon Kent, figlio di Clark (il longevo supereroe), viene ritratto mentre bacia Jay Nakamura, un giornalista non nuovo nelle storie del fumetto, che aiuta e sostiene il protagonista in una fase di difficoltà nella sua missione di salvare il mondo e in un momento di crisi mentale ed emotiva. La svolta bisessuale del personaggio è stata spiegata dall’autore Tom Taylor in un’intervista al «New York Times»: «Il simbolo di Superman ha sempre significato speranza, verità e giustizia. Adesso quel simbolo rappresenta qualcosa di più. Oggi, più persone possono vedersi rappresentate nel più potente supereroe dei fumetti». L’episodio ha riacceso il dibattito intorno alla cosiddetta woke culture, un fenomeno che sta attraversando da alcuni anni la società (in particolare nel contesto statunitense, ma non solo) e che impatta notevolmente sugli stessi assetti creativi e produttivi dell’industria della comunicazione; un dibattito che spesso genera posizioni ideologiche e contrastanti, che polarizza i punti di vista e non aiuta a cogliere le sfumature e le caratteristiche più profonde di un processo complesso, e sempre più rilevante nella costruzione degli immaginari. Ma che cos’è la woke culture? In quali contesti origina e prende forma? Con quali obiettivi e motivazioni? E ancora, soprattutto, quali effetti produrrà sulle rappresentazioni mediali e le forme narrative del futuro?

Genesi, ascesa e contraddizioni di un concetto

Il termine “woke” (contrazione di “woken”, participio passato del verbo “to wake”, ovvero “svegliare”), già diffuso alla fine del XIX secolo, nasce e si sviluppa inizialmente all’interno delle comunità afroamericane degli anni Trenta e Quaranta del XX secolo come forma di allerta e attenzione verso le discriminazioni razziali e di classe del tempo; uno slang riconoscibile e immediato contrapposto al corretto “awake”, ovverosia “stare svegli”, con gli occhi bene aperti di fronte a possibili forme di ingiustizia e oppressione. Secondo la definizione che ne dà il dizionario Zanichelli, a partire dagli anni Sessanta il termine comincia ad assumere una valenza pienamente politica, legandosi ai movimenti per i diritti civili. A contribuire al rilancio del termine (e del suo significato) negli anni più recenti è stata la cantautrice neosoul e R&B Erykah Badu con il verso di una sua canzone che recita appunto «I stay woke», mentre a partire dalla metà degli anni Dieci del XXI secolo tale concetto diventa l’architrave simbolico dei movimenti Black Lives Matter, MeToo e altri, espressione delle battaglie culturali e sociali dell’America di oggi. La trasformazione ultima della cultura woke consiste nel tentativo di appropriazione e riconfigurazione da parte delle diverse aree di pensiero ed élite politico-culturali con la finalità di indirizzare il dibattito dell’opinione pubblica e utilizzare i prodotti della cultura di massa come strumenti di una «vera e propria guerra culturale» per usare le parole di Riccardo Manzotti (Don’t touch my hero. La fastidiosa ingerenza della cultura woke nei fi lm e nelle serie tv, in «Linkiesta», 2 aprile 2021); se il mondo anglosassone di matrice liberal insiste sulla necessità di aggiornare l’universo dell’immaginario culturale in direzione progressista e di apertura a 1| 2022 DISCUSSIONI 87 “nuovi” valori emergenti nella società, dall’altra parte, per gli ambienti conservatori, la cultura woke rappresenta il motore ideologico della cosiddetta cancel culture, in bilico tra revisionismo e smantellamento di alcuni riferimenti simbolici universali o comunque significativi per le singole storie, tradizioni e culture nazionali. Proprio per questo, oggi la parola “woke” viene usata perlopiù dai critici in senso dispregiativo, come fatto tra gli altri da un recente articolo di Bret Stephens sul «New York Times» (Why Wokeness Will Fail, 9 novembre 2021). In ogni caso, essa merita di essere indagata con attenzione dal momento che sempre più pare orientare e stabilire le nuove coordinate dell’intrattenimento globale.

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Aldo Grasso, Paolo Carelli

 
Film, fumetti e serie tv: è l’ora dell’ideologia woke
Autore: Paolo Carelli, Aldo Grasso
Formato: Articolo
Un concetto che impazza a livello giovanile e che investe l’industria culturale e mediale, soprattutto in Usa. Può essere considerato il motore ideologico della cancel culture e sta scatenando polemiche infinite. Il rischio di cadere nella morte del contesto.
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