I giovani e la lettura: note controcorrente

I giovani e la lettura: note controcorrente

16.04.2020

La rivoluzione digitale ha complicato il compito dell’educatore, ma forse si tratta di una falsa impressione. Di fronte al mare informatico della rete, occorre trovare bussole efficienti, capaci di orientarci nella selva dove tutto sembra uguale.

di Eraldo Affinati

Sta cambiando il nostro modo di leggere? Io direi di sì. Soprattutto se penso ai più giovani. Allora faccio un passo indietro e mi chiedo, in via preliminare, quale sia la spinta che orienta gli esseri umani verso i libri. I grandi linguisti ce l’hanno spiegato a sufficienza: senza la dimensione verbale ogni esperienza non avrebbe senso, sarebbe soltanto un grumo emotivo impossibile da sciogliere. Quando ci esprimiamo con le parole interpelliamo il passato, chiamando a raccolta chi ci precede. La tradizione letteraria non è un blocco granitico fisso e inamovibile, ma viene continuamente sollecitata e modificata. Scrivere anche un solo verso significa far scricchiolare l’intero asse lungo il quale camminiamo; leggere produce la medesima conseguenza, allo stesso modo di quanto avviene nell’esecuzione di un brano musicale. I fori interiori delle coscienze non sono monadi chiuse: al contrario, s’intrecciano in un movimento collettivo. L’istruzione pubblica rappresenta, in tale prospettiva, una gigantesca ruota attraverso cui la civiltà avanza da una generazione all’altra. I passaggi di testimone non sono mai ininfluenti; anzi quasi sempre producono una ferita, lasciandosi dietro punti di sutura spesso visibili: Luigi Pirandello, nel suo romanzo I vecchi e i giovani, pubblicato 110 anni fa, illustrò la transizione, per noi italiani assai rilevante, fra gli ideali eroici risorgimentali e quelli meno febbrili ma più consapevoli dello Stato unitario.

Ogni adolescente, nel momento cruciale della formazione culturale, è chiamato a fare i conti, nel suo piccolo, con la storia dell’umanità. Mi ha sempre affascinato questo evento, come se i quindicenni scoprissero, agli occhi degli adulti, uno scenario grandioso e remoto di cui tutti siamo parte ma che loro devono esplorare per la prima volta. Per farlo hanno bisogno di guide affettuose e credibili, persone di cui fidarsi, capaci di precederli nelle visioni che avranno: tesori e segreti, saggezze e lungimiranze, ma anche orrori e nequizie, tragici sbagli e crudeli nefandezze. Cominciare a leggere significa cominciare a pensare, entrando così, come affermò Albert Camus, in una zona di rischio. Ci siamo forse dimenticati il tumulto spirituale che, ben prima della conradiana linea d’ombra, dovemmo giocoforza affrontare quando, dopo aver buttato giù come birilli le certezze dei maestri, non sapevamo in quale maniera sostituirli? Divorati dalla passione dell’assoluto, ci sentivamo inadeguati, smarriti e persi: la condizione tipica della giovinezza, sempre al limite della caricatura. Tutti gli insegnanti dovrebbero riconoscere in questa fragilità il terreno più fertile dove intervenire, nel tentativo di rinnovare l’esperienza dei giovani impegnati a ricostruire i fondali che magari loro stessi hanno contribuito a distruggere.

La rivoluzione digitale sembra paradossalmente aver complicato il compito formativo dell’educatore, ma forse si tratta di una falsa impressione. Certo, di fronte al grande mare informatico che la rete dispensa, occorre trovare bussole efficienti, capaci di orientarci nella selva dove tutto sembra uguale. Urge, come diciamo spesso, ripristinare le gerarchie di valore spiegando ai ragazzi cosa è importante e cosa non lo è. Per farlo dobbiamo avere in testa un sistema di valori. Non esistono scorciatoie conoscitive. Oggi che la fonte è diventata accessibile in tempo reale, bisogna incrementare, non diminuire o peggio ancora omettere, la sua verifica. Applicazione e rigore un tempo erano legati alla ricerca del testo originale. Nel momento in cui quest’ultimo si rende accessibile a chiunque, c’è la concreta possibilità che non venga neppure preso in considerazione. Ricordo, circa trent’anni fa, all’alba del nuovo mondo informatico, un mio studente che, contento e soddisfatto, scaricò sul banco una voluminosa risma di carta: articoli e studi su Giuseppe Ungaretti stampati da internet. Gli chiesi se avesse letto tutto quel materiale e lui, con il meraviglioso stupore della sua età, confessò di no; ma si affrettò ad aggiungere che lo avrebbe fatto presto, di sicuro. Intanto però mi stava consegnando il frutto della ricerca, consapevole di aver compiuto il primo passo. Ovviamente sorridemmo insieme ai compagni, ma oggi molti di noi rischiano di trovarsi nella medesima condizione di quello scolaro.

Potenzialmente siamo diventati tutti artisti. Ognuno potrebbe leggere e farsi leggere con una rapidità e diffusione un tempo inconcepibili. La fine dell’aura dell’oggetto unico, preconizzata da Walter Benjamin nel 1936, ha prodotto una mutazione antropologica del lettore, verificabile specialmente nelle aule scolastiche. I ragazzi saltano da un contesto all’altro con una capacità associativa sorprendente. Se facciamo riferimento ai loro coetanei del passato, con ogni probabilità i giovani di oggi leggono di più, sebbene in maniera estemporanea: i social glielo impongono. Potremmo precisare: prima ancora che scrivere, comunicano. Ciò in effetti sembra innegabile, tuttavia non è sempre vero che non approfondiscano. Lo fanno in forme diverse, in luoghi mentali nuovi, affidandosi a strutture intellettuali inedite. L’idea stessa di stile personale, mentre li vedo impegnati in azioni estetiche, mi sembra obsoleta. Adesso ipotizzo: ciò che io, seguendo un immaginario novecentesco, definirei “frammentazione”, potrebbe essere un’altra maniera di raccogliere ed elaborare nozioni. La domanda che molti si pongono è: cosa ne faremo del canone? E, ancora più centralmente: i filtri selettivi di qualità che li hanno determinati, quei criteri di valore costruiti con fatica e pazienza dai nostri padri, fra qualche decennio, saranno ancora attivi?
 

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Eraldo Affinati

Eraldo Affinati, scrittore, collabora con numerosi quotidiani. Con il volume Campo del sangue è stato finalista ai premi Strega e Campiello nel 1997. È anche autore di una biografia del teologo protestante Dietrich Bonhoeffer. Insegna italiano e storia nell'Istituto Professionale di Stato "Carlo Cattaneo" a Roma, presso la succursale della Città dei Ragazzi. Nel 2003 ha curato l'edizione completa delle opere di Mario Rigoni Stern e assieme alla moglie, Anna Luce Lenzi, ha fondato la “Penny Wirton”, una scuola gratuita di italiano per immigrati. L’ultimo suo libro s’intitola: "L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani" (2016).



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I giovani e la lettura: note controcorrente
Autore: Eraldo Affinati
Formato: Articolo
La rivoluzione digitale ha complicato il compito dell’educatore, ma forse si tratta di una falsa impressione. Di fronte al mare informatico della rete, occorre trovare bussole efficienti, capaci di orientarci nella selva dove tutto sembra uguale.
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