Kristeva: Come si può essere jihadisti?

Kristeva: Come si può essere jihadisti?

22.03.2016
Come si può essere jihadisti? A proposito del male radicale
Come si può essere jihadisti? A proposito del male radicale
autori: Julia Kristeva
formato: Articolo
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C’è la guerra in Francia, ma contro chi sono in guerra i francesi? Di fronte alle pretese totalitarie del jihadismo sanguinario, un noi sta raccogliendo i “figli della patria” intorno alla Marsigliese. Un noi eretto contro una nuova versione del nichilismo la cui brutalità e ampiezza sono senza precedenti. 
Il male radicale e la pulsione di morte, veicolati dalle meraviglie tecniche dell’iperconnessione, sfidano i Lumi che li avevano sottostimati sforzandosi, da più di due secoli, di spezzare il filo con la tradizione religiosa per fondare i valori di una morale universale.
Che cos’è il “male radicale”? Immanuel Kant si era servito di questa espressione per dare un nome al disastro di certi umani che considerano altri umani superflui, e li sterminano freddamente. Hannah Arendt aveva denunciato questo male assoluto nella Shoah. Perché la “pulsione di morte” sostituisce negli adolescenti che diciamo “fragili” il bisogno prereligioso, antropologico, di credere? Oggi, gli adolescenti di Francia, che provengono per metà da famiglie musulmane e per metà da famiglie cristiane, ebree o senza religione, si dimostrano l’anello debole dove si disgrega, nel collasso del patto sociale, il legame stesso fra gli umani (il conatus di Hobbes e di Spinoza). E il legame di fi ducia tra i viventi parlanti esplode in un mostruoso scatenarsi della pulsione di morte.
Non saprei presentare le cause geopolitiche e teologiche del fenomeno: la responsabilità del post-colonialismo, le pecche dell’integrazione e della scolarizzazione, la debolezza dei “nostri valori” che gestisce la globalizzazione a colpi di petrodollari sostenuti con attacchi chirurgici, il restringersi della politica a serva dell’economia attraverso una giurisdizione più o meno soft o hard…

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Julia Kristeva, scrittrice e psicoanalista, insegna Linguistica e Semiologia all’Università di Parigi. Esponente di spicco della corrente strutturalista francese, ha poi rivolto i suoi interessi alla psicoanalisi e, più recentemente, al tema del credere. Fra i suoi volumi usciti in italiano, Bisogno di credere (2006), Teresa, mon amour (2008), Stranieri
a noi stessi. L’Europa, l’altro, l’identità (2014).
 

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