Armenia, il viaggio del Papa e il genocidio
![]() Turchia-Armenia, una storia infinita
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autori: | Antonia Arslan |
formato: | Articolo |
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E’ passato un secolo dalla tragedia che colpì gli armeni ma la ferita della strage sanguina come se fosse appena avvenuta. Nei giorni scorsi, papa Francesco si è recato per tre giorni in quello che fu il primo Paese a dichiararsi cristiano. Un Papa che, ricordiamo, non ebbe alcun problema un anno fa, ricordando le vicende del 1915, a parlare di “genocidio”. E ancor oggi l'ha ripetuto. Così come ha fatto di recente il Parlamento tedesco facendo infuriare il governo di Erdogan. Ma se Ankara con sdegno ancor oggi rifiuta di riconoscere il genocidio degli armeni, qualcosa negli ultimi anni si è mosso nell’opinione pubblica turca. Lo ricordava in un articolo su “Vita e Pensiero” nel 2011 la scrittrice Antonia Arslan, che menzionava, assieme alla tragedia dell’oltre milione di vite umane che andarono perdute, “l’accuratissima, ossessiva cancellazione di ogni resto di civiltà e della cultura armene: di circa 1.500 chiese esistenti nel 1915 in Turchia, oggi ne restano pochissime, quasi tutte in rovina”. Ciò nonostante, annotava la scrittrice, “in tutto l’immenso territorio anatolico ribollono, sotto la superficie uniformemente turchizzata, indizi memoriali, esili tracce, l’eco sottile di tradizioni perdute”.
Ma perché non riesce alla Turchia, dopo più di cent’anni, di fare i conti col passato attraverso un serio atto di contrizione, come la Germania dopo il 1945? Solo una questione di orgoglio nazionale, come se un passato oscuramente colpevole potesse macchiare l’onorabilità della nazione di oggi? Per la nota autrice del romanzo La masseria delle allodole i turchi non dovrebbero leggere i libri di storia, ma ascoltare le nonne, che hanno tramandato la tragedia facendo uscire il Paese dall’amnesia collettiva. Recuperando anche la sofferta pagina delle conversioni forzate, su cui si è sollevato il velo grazie allo scrittore turco Kemal Yalcin che nel libro Con te sorride il mio cuore ha raccontato il suo viaggio alla ricerca degli “armeni perduti”, che ancora oggi ricordano le loro origini e qualche preghiera cristiana. E poi Antonia Arslan ricordava l’assassinio del giornalista Hrant Dink e gli articoli di Orhan Pamuk (per questo processato) e di Elif Shafak.
“Forse l’Armenia non si libererà mai dall’incubo turco, e del peso del ricordo straziante della terribili ingiustizia subita; ma neppure la Turchia può ormai credere di liberarsi facilmente del fantasma armeno”, concludeva la scrittrice nel suo articolo sulla rivista dell’Università Cattolica.
Roberto Righetto
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