Il circo bianco a Pechino in attesa di Milano-Cortina

di Deborah Compagnoni
Mi hanno chiesto se non faccia una strana impressione pensare che le Olimpiadi si svolgeranno a Pechino. Devo ammetterlo: non è proprio una metropoli che in prima battuta evochi gli sport invernali. Ma questo è un segno dei tempi: in fondo è da Torino 2006 che il grande appuntamento a cinque cerchi si svolge lontano dall’Europa. Prima a Vancouver, poi a Sochi, infine a Pyeongchang e Pechino: anche se non in modo lineare, è un percorso che per certi versi ricalca le trasformazioni degli equilibri geopolitici, oltre che sportivi. Bisogna prenderne atto.
Ho vinto tre ori in tre Olimpiadi diverse e sono stata portabandiera a Lillehammer (1994); come atleta, di fatto, ho comunque vissuto Olimpiadi del secolo scorso e ho attraversato una stagione diversa degli sport invernali. Mi resta la consapevolezza di aver contribuito, con le mie prestazioni, a imporre lo sci, e lo sci femminile soprattutto, all’attenzione del grande pubblico. Senza nulla togliere ad altre grandi campionesse che mi hanno preceduto, come Ninna Quario e Paola Magoni. Tra le mie fortune – è giusto riconoscerlo – c’è stata quella di avere avuto come collega Alberto Tomba: con il suo carisma “popolare” ha trasformato lo sci in un movimento che ha superato la cerchia ristretta delle élite. C’è un esempio, piccolo ma significativo, che ricordo spesso per dimostrare questa svolta. Con le mie prime vittorie e con l’esplosione del fenomeno Tomba, la «Gazzetta» assegnò per la prima volta un giornalista “dedicato” allo sci femminile, Pierangelo Molinaro. Per quei tempi era come raggiungere, di colpo, migliaia di nuovi potenziali appassionati; fatte le debite proporzioni con la velocità della comunicazione contemporanea, è come se in poco tempo il numero dei followers fosse cresciuto in maniera esponenziale.
E a proposito di come è cambiato lo sci, non c’è dubbio che le nuove frontiere della comunicazione digitale abbiano inciso fortemente anche su questo ambito. I campioni sono molto più “padroni” della loro immagine, ma è anche vero che cresce il divario fra i campioni che vincono e i campioni che, insieme alle vittorie e magari nonostante le vittorie, sanno raccontarsi meglio. Poi non c’è dubbio che la digitalizzazione abbia favorito la possibilità di vedere le gare un p’ à la carte, mentre un tempo gli orari (mattutini e talora feriali) erano problematici per il grande pubblico generalista. Le dirette da Pechino avranno ancora e comunque il limite degli orari, non proprio consoni ai tempi europei. Ma è l’ultimo sforzo: dal 2026 si torna in Italia, e agli orari canonici. E almeno nei week-end sarà tutto più facile.
Comunque, che siano a Pechino o sulle Alpi, le Olimpiadi hanno sempre questo di speciale: che sono una gara unica e non ti puoi concedere il lusso di sbagliare. Come gli esami per gli studenti, sono appuntamenti che mettono addosso una pressione letteralmente “straordinaria”. Per me non era un problema così rilevante, perché non ne subivo il peso; però è indubbio che non per tutti sia così, e che il rischio di perdere l’occasione della vita possa incidere pesantemente sulla prestazione. Per quel che riguarda le gare di sci cinesi, non azzardo previsioni, ma mi permetto due auspici: Domme Paris si meriterebbe davvero il più alto dei podi, e di sicuro la squadra delle ragazze potrebbe confermare quanto di bello ha già fatto negli ultimi due anni con la prima Coppa del Mondo generale di Federica Brignone e le coppe di specialità di Brignone, Bassino e Goggia. Se l’auspicio, almeno in parte, diventasse realtà sarebbe davvero un buon viatico per Milano-Cortina.
Deborah Compagnoni
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