Andrà tutto bene?

Andrà tutto bene?

30.05.2020
di Gian Luca Potestà

Cresce la consapevolezza dell’imminente catastrofe ambientale. Collassologia (J. Diamond, Collasso, Einaudi) come annuncio del finimondo. Forma inedita di apocalittica, che all’escatologia religiosa e alla propaganda profetico-politica ha sostituito la climatologia della catastrofe. Anche il Covid 19 può assumere in questa luce un profilo minacciosamente apocalittico («chi è in terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa, e chi è in campagna non torni indietro a prendersi il mantello…», Mc. 13,15-16), preannuncio dei morbi finali pronti a scatenarsi in serie. Non sarà così, ma certo si è prodotta sotto I nostri occhi un’apocalisse nel senso semplice e originario del termine: “rivelazione” (non scritta, e per questo più efficace) di una rottura del tempo, dei suoi ritmi ordinari. Prima dominava la percezione irriflessa di una accelerazione febbrile e irresistibile (H. Rosa, Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità, Einaudi): «Gli anni si ridurranno come mesi, i mesi come settimane, le settimane come giorni, i giorni come ore, le ore come istanti» minacciava già la Sibilla tiburtina, la più celebre e diffusa apocalisse medievale in forma di oracolo. Dopo, il rallentamento improvviso del “tempo sospeso”.

In verità, la sospensione non ha riguardato tutti allo stesso modo. Nell’unico presente, ciascuno dispone di un tempo diverso, in relazione alla condizione sociale, al lavoro che ha o non ha, alle caratteristiche individuali. Dunque, “non contemporaneità dei tempi” entro la stessa cornice temporale; e per chi resta a casa flessibilizzazione del tempo. Poiché il vuoto fa orrore, I più accorti hanno capito fin dall’inizio che occorreva darsi una disciplina per cercare di assumere il controllo su di esso e quindi su se stessi. Il modello della clausura è offerto dalla vita monastica, i cui ritmi quotidiani sono rigorosamente scanditi dalla liturgia modellata sulle stagioni dell’anno, ad evitare che Il solitario precipiti nell’accidia. Lì la solitudine è colmata dalla relazione con l’Amato (“che io non sia mai separato da te”).

Nel nostro “tempo sospeso” la vita del singolo interseca le vite degli altri in proporzioni variabili. Il dominio del virtuale manifesta paure, sentimenti, emozioni in apparenza condivise. In verità predomina la solitudine. La condivisione casalinga, inizialmente ostentata dai balconi di casa e nelle chat e via via acquietatasi, non è di per sé segno di comunicazione autentica. Il narcisismo, malattia del tempo esasperata dai social pullulanti di selfies, inclina verso l’autismo. Il ritorno nella vita sarà più duro di un “ritorno dalle vacanze”, soprattutto per chi, estraniato di botto da un mondo intessuto di rapporti, fatica ora all’idea di rientrarvi, quasi ne fosse sempre stato fuori. Parafrasando Artaud, “sono stato confinato tutta la vita, e non chiedo altro che continuare”. Non è un caso che i manicomi moderni siano stati progettati, secondo Foucault, ricalcando modelli di organizzazione dei tempi e degli spazi già collaudati nei monasteri medievali. Per uscirne, occorre essere convinti che il mondo della vita è un mondo di relazioni.

«Si fece in cielo un silenzio di circa mezz’ora» (Ap. 8,1). La sospensione del tempo permette di gettare uno sguardo più limpido sui destini generali. Mostra la fragilità di assetti sanitari, economici, antropologici che parevano sempiterni, manifesta incertezze politiche e ritardi burocratici che il digitale ha la potenza di denunciare in tempo reale, esaltandoli e distorcendoli nelle effettive proporzioni, non di sanare con altrettanta immediatezza. Il tempo accelererà nuovamente. “Andrà tutto bene” solo se vi saranno idee innovative e decisioni politiche conseguenti, che riguardino in primo luogo tempi e spazi di lavoro e limiti della flessibilità, trasporti pubblici e spostamenti privati, modalità non seriali ma intersoggettive di insegnamento e di apprendimento, rafforzamento del sistema pubblico e territoriale di prevenzione delle malattie e di cura delle persone. Eottura del tempo, attimo della decisione. Al di là dei singoli, le istituzioni universitarie sono chiamate più direttamente alla loro funzione civile, insieme critica e costruttiva. II momento è ora.

Gian Luca Potestà

Gian Luca Potestà è ordinario di Storia del cristianesimo presso l’Università Cattolica di Milano e direttore della collana "Dies Nova. Fonti e studi per la storia del profetismo" e della rivista «Aevum. Rassegna di scienze storiche linguistiche e filologiche». È inoltre membro del comitato direttivo della «Rivista di Storia del Cristianesimo», del comitato di redazione degli «Annali di Scienze religiose» e del comité de rédaction della rivista elettronica «Oliviana. Mouvements et dissidences spirituels XIIIe-XIVe siècles».

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