AUTOBIOGRAFIE, DIARI, MEMORIE. La letteratura di chi non fa letteratura

Ci sono opere letterarie, mondi complessi e magistralmente creati dall’autore, che riescono a delineare esistenze diverse permettendo l’incontro, sulla pagina, con l’altro, un personaggio, una persona possibile, irreale e allo stesso tempo reale, con cui il lettore si confronta e valuta la propria posizione nel mondo.
In altre occasioni, invece, il lettore partecipa alla celebre prosa del mondo hegeliana in cui il reale è fatto «di finitezza, e di mutamenti, inviluppato nel relativo, oppresso dalla necessità». Questo accade, per esempio, durante la lettura delle autobiografie, delle memorie, dei diari di chi ha deciso di scrivere di sé e della propria vita senza essere uno scrittore, confidando che sia sufficiente impugnare la penna o battere sulla macchina da scrivere, a prescindere dal proprio livello di alfabetizzazione.
L’Archivio Diaristico Nazionale a Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, conserva, protegge e cataloga dal 1984 più di 8000 documenti di questo tipo, scritti in tutte le parti d’Italia, nei più diversi e lontani momenti storici; per incentivare l'afflusso di testi dal 1985 è stato istituito il Premio Pieve per diari, memorie e epistolari inediti che nella sua prima edizione ha visto vincitrice la bidella bolognese Antonella Federici con l’epistolario Lettere ai miei.
Quest’anno, la manifestazione ha raggiunto la sua trentaseiesima edizione con otto testi finalisti. Tra gli autori e le autrici, due, Raffaele Resta (Bari, 1922) e Umberto Guidotti (Torino, 1925) raccontano l’esperienza della guerra da militari, con punti di vista differenti. Il primo affronta a vent’anni la campagna di Russia, il secondo, appena diciottenne, sceglie di aderire alla X MAS e alla Repubblica Sociale Italiana. La Seconda Guerra Mondiale è anche nelle memorie di Giovanna Battista Eventi (Napoli, 1939) e nell’autobiografia dell’artista plastico palermitano Paolo Schiavocampo che a 84 anni ha deciso di far riaffiorare, nella narrazione, i suoi ricordi, dall’infanzia sino all’età adulta. Un’altra guerra è quella che affligge l’esistenza di Jean-Paul Habimana (Nyamasheke, 1984) che racconta la sua lotta per la sopravvivenza durante il genocidio in Ruanda. Gli ultimi tre testi finalisti narrano storie diverse di sofferenza; al centro del testo di Rosenza Gallerani (Ferrara, 1951) c’è la sua esperienza di malata di leucemia, i tentativi di cura ed infine il trapianto di midollo; Anna De Simone (D’Albe, 1954) nella sua autobiografia ripercorre gli episodi di violenza e soprusi che hanno costellato la sua vita; infine Tania Ferrucci (Napoli, 1960) ricorda l’infanzia passata in un quartiere popolare napoletano, l’adolescenza difficile in cui da ragazzino viene costretto alla prostituzione e l’età adulta quando decide di sottoporsi ad un intervento di vaginoplastica con cui anagraficamente verrà riconosciuta come Tania.
Consultare il catalogo dell’archivio, le sinossi degli scritti e le schede degli autori, leggere e studiare questi testi permette di conoscere, da un punto di vista esclusivamente intimo ed individuale, un preciso momento storico. Non è però solo il contenuto a destare interesse ma anche il mezzo con cui questo è espresso e organizzato; molti dei testi, conservati all’Archivio diaristico nazionale e negli archivi di scrittura popolare, sono stati redatti da persone con un percorso di istruzione irregolare e travagliato che al massimo giunge fino alla licenza media.
Come, dal punto di vista storico, lo studio delle testimonianze di vicende personali e minori aiuta a contestualizzare e approfondire le dinamiche di epoche storiche complesse, allo stesso modo dal punto di vista linguistico è ormai chiaro che l’analisi delle particolarità di una lingua ai margini, non canonica e lontana dalle norme ortografiche e grammaticali, sia uno strumento fondamentale per approfondire la nascita e lo sviluppo di alcuni fenomeni nel corso della storia della lingua italiana.
L’italiano che si legge in questi testi è degno di essere indagato come quello letterario, pur essendo nascosto,come viene definito nel titolo di un importante saggio di Enrico Testa, e infatti ad esso sono stati dedicati molti studi e diverse definizioni, tra cui italiano dei semicolti, italiano semicolto e italiano popolare, sono state coniate per descriverlo.

Sara Sorrentino
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