LA LIBRERIA PARLA

Concludiamo il dibattito sulle librerie con quattro interventi (Barbieri, Di Stefano, Mascheroni, Parazzoli) e un decalogo della libreria ideale stilato dagli allievi del master di editoria dell'Università Cattolica. È proprio il caso di dirlo: buona lettura!
di Ferruccio Parazzoli
Vagabondare in libreria. Non ho altro verbo per indicare il rito che compio fin da quando, ragazzo appena laureato, non avevo una lira in tasca e un libro era per me soltanto un miraggio.
Lo confesso, allora la mia adorazione davanti alla vetrina di una libreria nasceva non tanto dal desiderio, che pure c’era, di possedere uno di quei libri che vedevo così gloriosamente esposti, quanto dal sogno che un giorno dietro quelle vetrine ci sarebbe stato anche un mio libro, risplendente come l’apparizione di un angelo – ricordo sempre questa immagine poiché mi richiama alla mente niente meno ciò che sembrò l’apparizione in libreria degli ultimi tre volumi della Recherche di un Proust ormai scomparso – disceso da un empireo che fantasticavo di toccare.
Nella affascinante libreria Mondadori di Corso Vittorio Emmanuele ero entrato soltanto una volta per acquistare, con i miei minimi risparmi, la IX edizione Medusa di Addio alle armi di Ernest Hemingway. Era il settembre del 1959.
Più tardi, in quella stessa libreria avrei imboccato, per buona sorte, quella che sarebbe stata la mia carriera editoriale: ogni mercoledì si potevano incontrare, attorno a un modesto tavolino che offriva patatine, olive, aranciate e un po’ di vino bianco, narratori, poeti, traduttori, saggisti, come Vittorio Sereni, Oreste del Buono, Giansiro Ferrata, Carlo Castellaneta, Raffaele Crovi, Fernanda Pivano e molti altri. Se, eccezionalmente, c’era Riccardo Bacchelli sedeva in fondo in un’enorme poltrona un po’ spelata.
Ma le librerie sulle cui vetrine lasciavo gli occhi sarebbero state la Libreria Garzanti e la Libreria Rizzoli in Galleria, quasi l’una di fronte all’altra, ma, in qualche modo, difficile da definire, diverse tra loro, come emanassero un diverso profumo: più ricercata, intellettuale, anche se splendidamente rifornita, la Garzanti; più affabile, affascinante nel richiamo dei suoi best-seller, la Rizzoli. Fu lì che comprai per poche lire Le illuminazioni di Rimbaud nella grigia, amatissima BUR. Era lì, dietro quella vetrina che sognavo di poter vedere un giorno, allineate e serie come soldatini, le copie di un mio libro. Dopo molti, molti anni questo mio desiderio si realizzò e ne ringrazio la sorte, il continuo lavoro, tutti gli amici editori, scrittori, critici letterari, oggi, purtroppo, in gran parte scomparsi. Negli anni, il mio lavoro editoriale mi portò quasi quotidianamente a visitare le librerie di Milano e di qualunque città o paese dove mi trovassi per incontri, premi letterari, o in vacanza.
La libreria parla. È un polso vivo della situazione culturale ed economica del Paese. Negli ultimi decenni dello scorso secolo la libreria e gli esperti, appassionati librai che le conducevano con amore e attenzione, erano il veicolo, attraverso le novità librarie, di una solida, pubblica opinione. Gli autori di saggi, perfino di narrativa, erano in quegli anni i veri, indiscussi opinion leader di una solida classe sociale, – chiamatela borghesia o come vi pare. – oggi scomparsa.
Da tempo, come ormai è risaputo attraverso i miei scritti, la mia Macondo è la zona Loreto che si estende nelle due lunghe braccia, assai differenti tra loro, di Viale Monza e corso Buenos Aires dove, fino a pochi anni fa, si aprivano, quasi l’una di fronte all’altra, tre librerie: oggi è rimasta la libreria Feltrinelli. Ben fornita, con le sue pile di novità, le classifiche dei più venduti, i suoi angoli tranquilli dove sfogliare libri reconditi, è oggi la meta della mia camminata quotidiana, non prima delle sei di sera perché mi piacciono le luci. Ormai è raro, a parte in occasione delle presentazioni organizzate, che vi incontri qualche scrittore di mia conoscenza, ma passo e ripasso le novità esposte e ritrovo sulle loro copertine il nome di molti amici di ieri e di oggi, lontani, ma che parlano attraverso la voce dei loro libri.
Le librerie sono colme di voci.
Ferruccio Parazzoli
Guarda tutti gli articoli scritti da Ferruccio Parazzoli