LA STORIA E I SUOI NEMICI
La recente decisione del Ministero dell’Istruzione di eliminare la traccia di storia dalla prima prova dell’esame di Stato ha provocato la giustificata reazione degli storici di professione, preoccupati della progressiva marginalizzazione della disciplina.
Nelle stanze ministeriali non si annida nessun nemico occulto della storia e men che meno possiamo attribuire un colore politico a questa scelta. I funzionari che l’hanno propugnata e/o avallata si sono sentiti confortati dal consenso che li circonda, suffragato da quel misero 3% dei maturandi che si sono cimentati con la traccia di storia negli ultimi dieci anni.
Perché nessuno oserebbe eliminare la matematica dall’esame di Stato del liceo scientifico e invece soltanto gli “addetti ai lavori” protestano per l’abolizione della storia dalle prove scritte finali delle scuole di ogni ordine e grado, compresi i licei classici, nei quali la storia dovrebbe costituire l’intelaiatura stessa della loro proposta culturale? Paradossalmente infatti nelle nostre scuole letteratura, filosofia e arte sono studiate in prospettiva storica (salutare retaggio del neoidealismo crociano e gentiliano!), mentre la storia fatica a trovare spazi adeguati e viene percepita come una materia inutilmente ostica.
Oggi la storia conta molti nemici nelle culture dominanti o in quel che ne resta: alla costituzionale ostilità che per essa nutre il nichilismo di matrice nietzschiana, si è aggiunta infatti la diffidenza della cultura di ispirazione marxiana, al cui mulino – che pure era stato costruito con mattoni inequivocabilmente storicistici! – poca acqua hanno portato le lezioni che la storia stessa ha impartito alla fine del Novecento. Ne è derivata una sempre crescente difficoltà a fare ancora della storia uno strumento di lotta politica, con l’eccezione di pochi episodi del Novecento che offrono qualche appiglio utile in tal senso. Gli studenti faticano sempre più ad accettare una disciplina che si presenta come un inutile esercizio mnemonico, anche perché – come conferma la ricerca psicologica e neurologica – l’utilizzo massiccio delle nuove tecnologie ha compromesso nei giovani l’uso della memoria, la cui funzione viene ormai generalmente delegata ai supporti elettronici. Alla inutile laudatio temporis acti dobbiamo però sostituire tecniche di studio e di insegnamento che tengano conto e, anzi, mettano a profitto questo vero e proprio cambio antropologico.
Purtroppo lo studente incontra a scuola la parte meno interessante del sapere storico, la cronologia, che si rivela inutile se non la si usi per affrontare reali problemi storici.
Studiare solo la cronologia è come imparare le declinazioni e non leggere mai testi latini o greci! Lo studio delle date dev’essere limitato all’essenziale, mentre per i dettagli lo studente può ricorrere in tempo reale allo smartphone che ha con sé. Chi insegna la storia deve elaborare una reale gerarchia degli avvenimenti atti a inquadrare i grandi problemi di una certa epoca, ma poi deve concentrarsi su questi e svolgere con gli studenti quotidiani esercizi di esegesi di fonti storiche particolarmente significative, ottima palestra per la formazione delle facoltà critiche anche nella vita quotidiana. Certo occorrono docenti appositamente formati e motivati, che si ottengono solo facendo insegnare la storia ai laureati in storia o al limite aumentando i crediti formativi universitari in discipline storiche necessari per accedere ai concorsi per l’insegnamento della disciplina.
Nel corso dei secoli la storia veniva insegnata ai futuri sovrani perché, sollecitati dagli esempi illustri del passato, diventassero a loro volta protagonisti. Forse oggi la storia sembra agli studenti una materia noiosa perché li abbiamo convinti che per loro non ci sia un domani significativo al di fuori della loro biografia personale. Solo dal confronto con la storia e con la sua carica intrinsecamente rivoluzionaria le giovani generazioni potranno apprendere l’ottimismo necessario per pensare in grande la propria vita e concepirla in un continuum di esperienze millenarie.
Il consumatore dev’essere appiattito sull’oggi dei suoi piccoli desideri, ma la storia lo libera da questa schiavitù. L’uomo è un essere memore, che cambia nel tempo e la storia lo aiuta a potenziare questa sua dimensione costitutiva. Nella storia troviamo inoltre un campionario infinito di esperienze dell’altro da sé che agevolano e non danneggiano l’integrazione tra le culture; al contempo esse aiutano i giovani a condividere tra loro il significato dei segni del passato ancora presenti nel paesaggio naturale e antropico, reale e immaginario; in altre parole a costruire una cultura comune, fondamento di ogni convivenza civile. In un’Europa che, ossessionata dalla paura delle differenze, nasconde la sua identità millenaria concependola come un inutile ingombro, la storia aiuta a formare cittadini consapevoli, pienamente memori e per questo pienamente liberi.
Nicolangelo D’Acunto
Guarda tutti gli articoli scritti da Nicolangelo D’Acunto