Le conseguenze della pandemia sulla vita dei nostri bambini e ragazzi

Le conseguenze della pandemia sulla vita dei nostri bambini e ragazzi

19.06.2021
di Chiario Ionio e Daniela Traficante

La pandemia da Covid-19 può essere inquadrata tra quegli eventi classificabili come trauma sociale (come conflitti armati, atti terroristici, sommosse, carestie, migrazioni forzate o volontarie di grandi numeri di persone), che possono provocare conseguenze durature e debilitanti nelle persone che li vivono. Essi interrompono la routine quotidiana: gli aspetti che prima davano certezza diventano instabili e causano un forte senso di imprevedibilità, minaccia e incertezza. Numerose ricerche hanno evidenziato che l’esperienza di vivere una situazione di distruzione e di perdita e l’essere esposti a scene spaventanti o continuare a sentirne parlare, costituiscono un fattore di rischio grave per la salute mentale di adulti e bambini. Oltre a questo, il trauma collettivo può andare ad interferire con le funzioni sociali, cognitive ed emotive.
 Se pensiamo al Covid-19, la quarantena e il lockdown, adottati come strumenti per contenere la diffusione della pandemia, sono andati a creare una frattura nei rituali quotidiani e nella continuità dei legami tra famiglia e rete di appartenenza, portando un potenziale danno, soprattutto per i bambini. La letteratura sottolinea, infatti, come le misure di isolamento abbiano causato l’insorgenza di gravi sintomi di stress, connessi a quello che Provenzi e Tronick, (2020) chiamano la “disconnessione sociale”. L’OMS (2020) ha inoltre chiaramente rimarcato l’importanza di tenere in grande considerazione le conseguenze emotive della pandemia sui bambini e sugli adolescenti, che possono essere esacerbate dallo stress familiare, dall’isolamento sociale, dall’interruzione e/o discontinuità delle attività educative e scolastiche e dalla grave incertezza per il futuro.
PROBLEMATICHE COMPORTAMENTALI E FORMAZIONE SCOLASTICA
L’Istituto Gaslini, in collaborazione con l’Università di Genova, ha studiato l’impatto psicologico e comportamentale del Covid sui bambini nella prima fase.
Dall’analisi di oltre 3.200 questionari, somministrati tra il 24 marzo e il 3 aprile 2020, è emerso che nel 65% e nel 71% dei bambini con età, rispettivamente, minore o maggiore di 6 anni sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione. Nei ragazzi e nelle ragazze di età compresa tra i 6 e i 18 anni, invece, i problemi più frequenti hanno interessato la “componente somatica” (disturbi d’ansia e somatoformi come la sensazione di mancanza d’aria) e i disturbi del sonno.
 Un altro studio (Spinelli et al, 2020) condotto in Italia tra il 2 e il 7 aprile 2020, su 854 genitori di bambini dai 2 ai 14 anni sottolinea come, a determinare maggiori difficoltà a livello psicologico nei più piccoli, con conseguenti problemi emotivi e comportamentali, fosse la difficoltà con cui i genitori hanno affrontato la situazione di isolamento e il relativo livello di stress, cosa che può avere avuto un impatto significativo sul benessere dei più piccoli. Vicari e Di Vara (2021) hanno sottolineato che, dall’inizio della seconda ondata, vi è stato un notevole rialzo degli accessi al pronto soccorso di ragazzi: da ottobre 2020 sono aumentati gli accessi, specie di ragazze, preadolescenti e adolescenti, di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, con autolesionismo suicidario o non suicidario.
Altrettanto preoccupante risulta essere l’effetto atteso del lockdown sulla formazione scolastica di bambini e ragazzi. Infatti, l’utilizzo delle piattaforme di comunicazione on-line, durante il periodo di Didattica a Distanza (DaD), ha posto gli studenti in un contesto di apprendimento molto diverso da quello usuale, con un impatto rilevante sulla formazione dei giovani. Le indagini promosse da Save the Children (I giovani ai tempi del Coronavirus; L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa) hanno evidenziato una situazione estremamente critica, in cui circa il 35% dei ragazzi intervistati (età 14-18 anni) ha dichiarato di sentirsi meno preparato dell’anno precedente; d’altra parte, gli effetti della crisi economica e le preesistenti disparità di diffusione dell’uso delle nuove tecnologie in ambito scolastico e familiare sul territorio nazionale hanno aumentato notevolmente la povertà educativa nel nostro Paese. Ci si aspetta, quindi, che le prove nazionali recentemente somministrate dall’INVALSI possano far emergere un preoccupante fenomeno di learning loss, la perdita degli apprendimenti usualmente rilevata durante le vacanze estive, ma che ora potrebbe essere associata proprio alla chiusura delle scuole dovuta alla pandemia.
Un recente contributo di Riva, Wiederhold e Mantovani (2021) spiega molto bene, a partire dalla descrizione dei correlati neurali che sottendono l’esperienza formativa, come seguire le lezioni on-line abbia un impatto rilevante sull’elaborazione e sul consolidamento degli apprendimenti, sul livello di coinvolgimento nell’attività scolastica e sul senso di appartenenza al gruppo-classe. Nella didattica a distanza, può risultare più difficile focalizzare l’attenzione e memorizzare i contenuti trasmessi dal docente, non potendo collocare quella specifica esperienza di apprendimento in uno spazio e in un tempo ad essa dedicati, come avviene invece in un’aula scolastica. Inoltre, la mancanza della presenza fisica del docente e l’assenza di buona parte della componente non-verbale della comunicazione, toglie la possibilità di avere un supporto individualizzato e mirato al processo di apprendimento. Infine, l’impossibilità di condividere con i compagni, in presenza, l’attenzione su idee, progetti, attività comuni, limita il grado di rispecchiamento reciproco, con una perdita del senso di appartenenza al gruppo classe.

Le condizioni determinate dalla pandemia possono avere un impatto molto diverso sulla vita di bambini e ragazzi in relazione all’età, alla capacità di autoregolazione, al contesto familiare, ma è importante che coloro che svolgono un ruolo educativo e di supporto ai giovani siano consapevoli dei potenziali effetti negativi che la situazione pandemica ha determinato. Ora che la morsa del COVID sembra essersi allentata e vi è una parziale ripresa della normalità, è importante capire quali siano le ricadute della pandemia (sia come malattia che crea paura per sé e degli altri sia delle misure restrittive messe in atto), per affrontare anche quella che alcuni autori (Peirone, 2020, p. 48) definiscono “angoscia da delock”, cioè angoscia che riguarda la ripresa delle normali attività.

La consapevolezza di queste difficoltà deve però accompagnarsi ad un atteggiamento di supporto positivo e attivo, che accompagni e sostenga le potenzialità di recupero e di sviluppo che la “Generazione Covid” sta dimostrando di possedere, pronta per tornare a sognare il proprio futuro.

di Chiara Ionio e Daniela Traficante

Chiara Ionio è Professore Associato in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Daniela Traficante è Professore Associato in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso la Facoltà di Psicologia dell'Università Cattolica di Milano.

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