LE LIBRERIE NON SPARIRANNO

di Luigi Mascheroni
Il libro, secondo un noto adagio, è una delle invenzioni perfette dell’uomo. Tutti conosciamo l’esempio di Umberto Eco, tanto amante delle biblioteche da averne immaginato il rogo più bello della letteratura contemporanea: il libro è un oggetto semplice, economico, “anatomico”, comodo, che sta in tasca, utilizzabile da chiunque, in qualsiasi luogo, senza bisogno di batterie e di per sé (sì, certo, bisogna stare attenti agli incendi) indistruttibile. Impermeabile, nella sua essenza, a qualsiasi mutazione tecnologica e merceologica. Un oggetto - al pari della ruota o del coltello - che non è suscettibile di ulteriori miglioramenti, se non ritocchi di design. E infatti, nonostante prefiche digitali e legioni di nerd, il libro di carta resta enormemente più diffuso e utilizzato dell’ebook... Bene. Secondo lo stesso principio – c’è da esserne sicuri – resisteranno le librerie fisiche, e non solo quelle di catena, ma anche le librerie indipendenti, di quartiere, specialistiche. Resisteranno ben oltre la crisi che stiamo attraversando perché la libreria è essa stessa qualcosa di perfetto. Un luogo dove incontrare persone affini: il librario e i commessi, ognuno con le proprie competenze, ma anche altri lettori, alcuni con i nostri gusti e altri, per fortuna, con gusti tutti diversi; e poi curiosi, scrittori, giornalisti, poeti, filosofi con le loro presentazioni, i reading, gli incontri…
E soprattutto un luogo dove incontrare molti libri, la maggior parte dei quali a noi estranei, sconosciuti: e il che è un bene. Attenzione. Tanti dei volumi che incontriamo in una libreria li possiamo trovare online, è vero. Ma tantissimi altri, ecco il punto, possiamo incontrarli solo lì. Tutti i lettori abituali (soprattutto i lettori forti, coloro che leggono almeno un libro al mese, cioè circa l’11-12% della popolazione) sanno che mentre nella libreria virtuale, tramite l’e-commerce, novantanove volte su cento - attraverso le chiavi di ricerca - si trova ciò che già si cerca, nella libreria reale mille volte su cento si scopre – curiosando tra gli scaffali – ciò che non si sapeva neppure esistesse. Altri titoli, autori mai sentiti citare prima, editori sconosciuti, collane mai viste, edizioni di cui non si sospettava l’esistenza, nuove traduzioni, classici con illustrazioni e apparati insospettabili… E’ lì che l’imprevedibilità del contatto fisico si prende la rivincita sul predefinito dell’ordine online. I libri più belli della nostra vita, se ci pensate, li abbiamo scoperti per caso, da soli. Sul bancone di una libreria, su una bancarella, curiosando in una biblioteca a scaffale aperto.
Le librerie, soprattutto quelle indipendenti, sono a rischio desertificazione, aggredite da lungo tempo dall’e-commerce e ora da una fulminante pandemia. Due brutti colpi. Molte librerie hanno chiuso negli ultimi anni, e probabilmente saranno seguite da altre. Si ridurranno, si adegueranno ai nuovi stili di vita, diventeranno più social. Ma non potranno mai sparire. Perché se è vero che il mondo del libro è un ecosistema fragile, la libreria resta – come l’oggetto che contiene – un’invenzione perfetta. Luogo di aggregazione, di scoperta, di scelte casuali, di incontri imprevisti, di ri-trovamenti. Così come i libri non cambiano la vita, ma la riempiono, le librerie non trasformano le città, ma le completano. E non è poco.
Il libro, secondo un noto adagio, è una delle invenzioni perfette dell’uomo. Tutti conosciamo l’esempio di Umberto Eco, tanto amante delle biblioteche da averne immaginato il rogo più bello della letteratura contemporanea: il libro è un oggetto semplice, economico, “anatomico”, comodo, che sta in tasca, utilizzabile da chiunque, in qualsiasi luogo, senza bisogno di batterie e di per sé (sì, certo, bisogna stare attenti agli incendi) indistruttibile. Impermeabile, nella sua essenza, a qualsiasi mutazione tecnologica e merceologica. Un oggetto - al pari della ruota o del coltello - che non è suscettibile di ulteriori miglioramenti, se non ritocchi di design. E infatti, nonostante prefiche digitali e legioni di nerd, il libro di carta resta enormemente più diffuso e utilizzato dell’ebook... Bene. Secondo lo stesso principio – c’è da esserne sicuri – resisteranno le librerie fisiche, e non solo quelle di catena, ma anche le librerie indipendenti, di quartiere, specialistiche. Resisteranno ben oltre la crisi che stiamo attraversando perché la libreria è essa stessa qualcosa di perfetto. Un luogo dove incontrare persone affini: il librario e i commessi, ognuno con le proprie competenze, ma anche altri lettori, alcuni con i nostri gusti e altri, per fortuna, con gusti tutti diversi; e poi curiosi, scrittori, giornalisti, poeti, filosofi con le loro presentazioni, i reading, gli incontri…
E soprattutto un luogo dove incontrare molti libri, la maggior parte dei quali a noi estranei, sconosciuti: e il che è un bene. Attenzione. Tanti dei volumi che incontriamo in una libreria li possiamo trovare online, è vero. Ma tantissimi altri, ecco il punto, possiamo incontrarli solo lì. Tutti i lettori abituali (soprattutto i lettori forti, coloro che leggono almeno un libro al mese, cioè circa l’11-12% della popolazione) sanno che mentre nella libreria virtuale, tramite l’e-commerce, novantanove volte su cento - attraverso le chiavi di ricerca - si trova ciò che già si cerca, nella libreria reale mille volte su cento si scopre – curiosando tra gli scaffali – ciò che non si sapeva neppure esistesse. Altri titoli, autori mai sentiti citare prima, editori sconosciuti, collane mai viste, edizioni di cui non si sospettava l’esistenza, nuove traduzioni, classici con illustrazioni e apparati insospettabili… E’ lì che l’imprevedibilità del contatto fisico si prende la rivincita sul predefinito dell’ordine online. I libri più belli della nostra vita, se ci pensate, li abbiamo scoperti per caso, da soli. Sul bancone di una libreria, su una bancarella, curiosando in una biblioteca a scaffale aperto.
Oggi, proprio nel mezzo di una crisi di settore che dura da anni, il comparto dell’editoria libraria sta attraversando uno dei suoi momenti più drammatici. Per più di un mese le librerie sono rimaste chiuse a causa dell’emergenza Covid-19. Da questa settimana, dopo appelli di tanti intellettuali e riflessioni da parte del Governo, riaprono (anche se non in tutte le Regioni). Ci sono polemiche e posizioni divergenti. Ma il principio generale è stato affermato: il libro è considerato un bene di prima necessità. E le librerie un esercizio commerciale essenziale, alla pari dei negozi di alimentari e delle farmacie. Com’era quella frase che i libri sono la cura dell’anima? Forse non è solo retorica.
Le librerie, soprattutto quelle indipendenti, sono a rischio desertificazione, aggredite da lungo tempo dall’e-commerce e ora da una fulminante pandemia. Due brutti colpi. Molte librerie hanno chiuso negli ultimi anni, e probabilmente saranno seguite da altre. Si ridurranno, si adegueranno ai nuovi stili di vita, diventeranno più social. Ma non potranno mai sparire. Perché se è vero che il mondo del libro è un ecosistema fragile, la libreria resta – come l’oggetto che contiene – un’invenzione perfetta. Luogo di aggregazione, di scoperta, di scelte casuali, di incontri imprevisti, di ri-trovamenti. Così come i libri non cambiano la vita, ma la riempiono, le librerie non trasformano le città, ma le completano. E non è poco.
Luigi Mascheroni
Luigi Mascheroni è un giornalista. Ha lavorato al Sole 24 Ore, al Foglio e a diverse riviste letterarie. Dal 2001 è al Giornale.
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