Lo “scriba del tennis” e la scrittura

Stampa locale e stampa nazionale hanno già dato grande rilievo alla donazione alle Raccolte Storiche dell’Università Cattolica di Brescia della stupenda biblioteca e dell’archivio di Gianni Clerici (1930-2022), lo “scriba” del tennis. Clerici era un collezionista compulsivo. Meglio dieci doppioni che un solo buco nelle annate della tal rivista inglese di fine Ottocento… Chissà se questo poster anni Trenta ce l’ho già? Nel dubbio, alzo l’offerta… Si dirà: quale collezionista non è compulsivo? Verissimo. Ma il bello è che Clerici non era solo un collezionista, ma – prima di tutto – un giornalista e telecronista brillantissimo, uno scrittore completo (ha pubblicato romanzi, poesie, teatro) e uno storico, un ricercatore. Nel suo ampio studio luminoso, con vista mozzafiato sul lago di Como, ancora a novant’anni lo “scriba” giuocava sì fra libri, oggetti e carte – come, da giovane, aveva giuocato sui campi da tennis, anche da professionista – ma fino all’ultimo questi libri, oggetti e carte sono stati principalmente i suoi strumenti di lavoro: letti, scritti, vissuti uno per uno.
Pierangelo Goffi, il responsabile della Biblioteca universitaria (cui le Raccolte Storiche afferiscono), e i ragazzi del suo staff stanno già adoperandosi. Non solo per riordinare e catalogare ad arte lo straordinario materiale, in modo che presto nuovi ricercatori e appassionati possano studiarlo. Ma anche per trovare al lascito la collocazione più adatta ad onorarne la bellezza proprio concreta, fisica: per valorizzare l’impatto anche visivo di una biblioteca tanto originale e colorata. E devo dire che la nuova sede di Mompiano, coi suoi spazi pieni di luce, le vetrate, il campo sportivo, le montagne attorno, sembra pensata apposta per ospitare una branca del sapere così gioiosa, atletica – per fartela godere, incuriosirti a colpo d’occhio.
Tennis tennis tennis… ma non solo tennis, l’ho già detto. Fra le sue carte si trovano lettere e autografi dei massimi campioni dello sport; e, naturalmente, è conservata la sua corrispondenza con redattori e collaboratori di ogni rivista o quotidiano su cui Clerici scrisse per più di mezzo secolo: “Tennis italiano” (dove esordì, a diciott’anni, l’8 agosto 1948),“Sport Giallo”, “La Gazzetta dello Sport”,“Il Giorno”, “La Repubblica” (abbiamo tutti i suoi articoli, le pagine originali staccate con cura, elegantemente rilegate per annata). Altre cartelle – meno spesse, ma di notevole interesse letterario e culturale – conservano la sua corrispondenza con alcuni dei maggiori romanzieri del secondo Novecento, come Giorgio Bassani e Mario Soldati. Fra queste lettere, che meritano di esser studiate attentamente, le più interessanti sono senza dubbio quelle di Sergio Ferrero (1926-2008), un romanziere di gran valore, in questi ultimi anni piuttosto dimenticato (ma i suoi romanzi – sono convinto – torneranno sugli scaffali delle librerie).
È proprio grazie a Ferrero che, indirettamente, si è creata l’occasione del lascito. Sapendo del mio interesse per i suoi libri e la sua vita, Carlotta Clerici, la figlia di Gianni – parigina d’adozione, apprezzata drammaturga in francese – un giorno ch’era di passaggio a Como mi ha invitato a esaminare le lettere di Ferrero a suo padre. “Tienile per tutto il tempo che ti serve”, mi diceva; e io – che con un occhio scorrevo la nota calligrafia di Ferrero, con l’altro m’estasiavo rimirando le pareti di libri tutto attorno – a un certo punto ho avuto il coraggio di chiedere: “E tutta questa meraviglia, che fine farà…?”
Ora, mentre in biblioteca a Brescia questa meraviglia la stan catalogano di gran lena, io studio e trascrivo il carteggio Clerici-Ferrero e posso assicurare che si tratta di un documento di vita e di letteratura davvero unico. Le lettere, per lo più di Ferrero (ma anche quelle di Clerici potrebbero esistere ancora, le sto cercando!), risalgono quasi tutte agli anni Sessanta, cioè a quando entrambi lavoravano ai loro romanzi d’esordio. All’epoca Gianni era già un giornalista affermato, mentre Sergio, maggiore di qualche anno, era ancora – lo resterà sempre – un personaggio “nell’ombra” (per citare il titolo di un suo romanzo). Eppure in queste lettere, che svolgono un vero e proprio “corso di scrittura creativa”, Ferrero è il maestro, Clerici l’allievo. E che gran razza di maestro fosse – spiritoso e severo – un breve stralcio come questo può dar l’idea: “A rilettura (la terza, mi pare) compiuta, sono contento di aver controllato che avevo capito bene sin dal principio: le cose che ti riescono meglio sono quelle di tenerezza. Come ‘fustigatore di costumi’ ne conosco almeno un paio di più secchi e pertinenti. Quanto alla celebrazione della carne e alla passione per le parolacce, un giorno ti accadrà come Pinocchio, quando si svegliò ometto e a vedere quello che era stato sino ad allora buttato su una sedia disse: ‘Ed ero io quel burattino?’ o qualche altra toscanata del genere” (Nettuno,16 agosto 1963). Che lezione! Clerici stesso la riconoscerà dedicando all’amico, anni più tardi, una delle tre novelle raccolte nel suo libro di narrativa più riuscito: I gesti bianchi – un titolo bellissimo, che proprio Ferrero gli avrebbe suggerito.
Francesco Rognoni
Guarda tutti gli articoli scritti da Francesco Rognoni