VIKINGHI & CO. Anche la storia ha le sue mode

VIKINGHI & CO. Anche la storia ha le sue mode

30.09.2017

di Franco Cardini


La società di oggi sembra disinteressata al passato e anche alla cultura in generale. Quando riflettiamo su ciò, dimentichiamo tuttavia che la nostra è una società dominata dal sogno. Cinema e tv, fabbriche industriali di sogni, lavorano da decenni a pieno ritmo. Certo, non è tanto conoscere la realtà storica che c’interessa: ma rielaborarla, ridisegnarla, scomporla e ricomporla: che passione!

“La Stampa” dell’11 settembre ha pubblicato con un certo rilievo la notizia della tomba di una guerriera vikinga di circa 1000 anni fa, sepolta con un ricchissimo corredo di armi. E sai la novità: la società patriarcale scandinava del Medioevo, prima di cristianizzarsi, conosceva fior di divinità guerriere femminili. I vikinghi, dopo la storica serie di fumetti dedicata a Prince Valiant e i tanti film che li vedono protagonisti (uno, indimenticabile mattone, con Kirk Douglas), hanno trionfato con la serie canadese Vikings, dal 2013 in poi, dedicata alle avventure immaginarie del vikingo Ragnar Lothbrok. Un’altra serie (The last kingdom) è basata sui romanzi Le storie dei re sassoni scritta da Bernard Cornwell e narranti le lotte dei sassoni contro i vikinghi danesi durante il IX secolo.

Può sembrare strano che le crociate, dopo il film di Ridley Scott, non abbiano granché sfondato né al cinema, né in tv, ad onta del tema oggi tanto di moda del vero o supposto “scontro di civiltà” tra occidentali e musulmani. In cambio, il Rinascimento sta facendo man bassa: gli inglesi – che sono sempre un po’ patriottici: Dunkirk insegni… – hanno spopolato con i Tudor protagonisti di una serie televisiva di produzione britannica insieme ai “cugini” americani e canadesi. Grande successo dei Borgia, tanto in Inghilterra quanto in Spagna, ma lì si capisce: la “perfida ipocrita” Chiesa cattolica, i principi rinascimentali tutti pugnali e veleno eccetera. Ultimo strillo della moda propagato fino a conquistare lo stesso Bel Paese, ecco perfino la Firenze del “padrino” Cosimo e del Magnifico Lorenzo de’ Medici, nella serie prodotta da Lux Vide. Roma continua ad affascinare: alla famosa serie Roma del 2005-2007, produzione angloamericoitaliana, ha subito tenuto dietro Spartacus (2010-2013), ormai liberato dall’ipoteca ideologica “comunista” e riciclato come eroe nazionalpopularlibertario.

A fronte di queste mai sopite e spesso riciclate passioni, c’è da stupirsi che si sia inaridito il filone egizio, un tempo floridissimo ma ormai esaurito dopo l’exploit di Elizabeth Taylor e Richard Burton in Cleopatra. Ma a ben guardare ciò è comprensibile: il primo paese del Mediterraneo oggetto di turismo ha visto decadere le sue fortune da quando i numerosi attentati terroristici lo hanno messo in ginocchio.



La passione “ludica” per certi aspetti o momenti della vita del passato, di solito trattati senza troppa preoccupazione per la verità storica (la quale a sua volta è un dato dinamico, che muta di continuo con il modificarsi del processo cognitivo) può essere innocua sì, ma fino a un certo punto. Essa denota comunque un certo disagio per la realtà presente: il disinteresse nei suoi confronti può in effetti nascondere una difficoltà a convivere con essa. Ma denota altresì una rivolta – cosciente o inconscia, esplicita o implicita che sia - contro la storia “ufficiale”, quella che s’insegna nelle scuole e che dovrebbe costituire parte della costruzione identitaria dei popoli e delle nazioni. La base costante di questo atteggiamento, insuperabile perché insuperata e inaggirabile perché fino ad oggi inaggirata, sta ancora nel Romanticismo europeo con i suoi due corollari: l’orientalismo e il medievalismo, vale a dire la tendenza a “rivivere”, in termini non remoti dalla storia ma ad essa sistematicamente e metodologicamente estranei, un’età peraltro convenzionale come il “medioevo” e uno spazio onirico quale “l’Oriente”. La fuga dall’oggi, la proiezione “ucronica” nel domani, la ricostruzione ludico-arbitraria dello ieri, sarebbero di per sé suscettibili di produrre nuove utopie politiche: ma fino ad oggi hanno avuto effetti, individuali e di massa, molto più simili piuttosto all’induzione di “stati di coscienza alterata”.

Qualcuno ama reimmaginare vikinghi mai esistiti esattamente come qualcun altro preferisce la “scorciatoia” della “pera” o della “neve”. Si obietterà che la prima scelta è se non altro meno pericolosa della seconda. Senza dubbio. A patto che resti confinata in spazi individuali e sociali ben controllati e che non s’inneschi in contesti socioculturali rischiosi. Tra Iraq e Siria il “sogno del califfato” si è tradotto, in tempi recenti, nell’incubo al-Baghdadi. Nella penisola scandinava sono sempre più numerosi i sognatori di nuove incursioni vikinghe, e i simboli runici fanno ormai continuo scoop. Andatevi a vedere, su una buona enciclopedia, la forma della “Runa della Vittoria”, che si legge S (iniziale del tedesco Sieg, significante appunto “Vittoria”). Vi dice nulla?

Franco Cardini

Franco Cardini, storico e saggista italiano, ha insegnato Storia medievale all’Università di Firenze. Tra le sue ultime pubblicazioni: "Un uomo di nome Francesco" (2015); "I giorni del sacro. I riti e le feste del calendario dall'antichità a oggi" (2016).

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