Nel dibattito italiano degli ultimi vent’anni il termine “riformismo”
ha esercitato un fascino quasi irresistibile. Ma esiste
davvero un’idea condivisa di riformismo? Quale idea di politica
presuppone? E di quale visione del futuro si alimenta?
L’illusione di Bush di esportare la democrazia con le armi si è
rivelata un errore. La storia insegna che quando crolla un regime
nascono spinte e conflitti etnici e nazionalistici. Svolgere
elezioni regolari non basta: occorre una nuova strategia.
Il viaggio di Ratzinger a Istanbul non sarà solo un evento ecumenico.
Sarà anche un confronto con la modernità, con la sua
realtà impastata di differenze, di religiosità, di tradizione e rinnovamento.
La nostra cultura onora solo la bellezza fisica, l’autonomia, la
capacità di eccellere e la libertà assoluta, ma così tende a
disprezzare e a eliminare i deboli. Accettarli può invece aiutarci
a vincere la paura nei confronti di chi è diverso.
Ci sono spazi per ridurre la spesa pubblica e favorire la crescita
del Pil. Ma il contrasto permanente tra maggioranza e opposizione
e la debolezza della maggioranza potrebbero non consentire
una politica di risanamento e sviluppo adeguata.
L’influenza asiatica nel continente africano è in rapida crescita,
spesso a scapito degli Usa e dei Paesi europei. A guidare
l’avanzata è la Cina, ma si rafforza anche il peso di India e
Malaysia: economie bisognose di petrolio e materie prime.
Dopo la bocciatura dell’ennesimo tentativo di riscrivere una
parte della costituzione, resta il problema di rendere più funzionale
(e coerente) il quadro istituzionale del Paese. I compiti
della politica e l’urgenza di riformare il sistema dei partiti.
Rimozione dell’anima e riduzionismo materialistico, ma anche
perdita di senso e svuotamento dell’idea di persona: il nichilismo
continua a sfidare l’umanesimo e la teologia. Tre pensatori
proseguono il dibattito promosso dalla nostra rivista.
Il regista di «Vajont» e «Porzus» rivendica la sua determinazione
a realizzare un cinema che non si rassegni al politicamente corretto.
Mentre sono in preparazione la storia di Marco d’Aviano e
(budget permettendo) un film verità sulla fine del Duce.
In Francia li chiamano “Grands Travaux”, ma spesso sono un
cenotafio con cui i potenti (o gli architetti) cercano di legare
il loro nome alla storia. A pagarne il prezzo, però, è soprattutto
la qualità della cultura urbana e residenziale.
Romanzi e film, ma anche videogames e tante feste popolari
e rievocazioni storiche: negli ultimi anni si è finito per abusare
di questo periodo storico. Cosa si nasconde dietro la nuova
moda del medioevo fra pseudoscrittori e pseudoarchitetti.
È inoppugnabile il vantaggio che le nuove tecnologie arrecano
alla nostra salute, ma dietro ai nuovi cyberfilosofi compare
un’ideologia tutta centrata sulla macchina destinata a
sostituire l’uomo. Una sfida aperta anche per i teologi.
La capillare diffusione dell’ultimo ritrovato per ascoltare la
musica digitale sembra alimentare una forma sempre più diffusa
di autismo sociale. Una specie di flebo di energia: con il
rischio che la “human life” sia sostituita dalla “digital life”.
Tutto incominciò con Radio Parma e con Radio Milano
International: una rivoluzione segnata dalla programmazione
musicale e dal dialogo con il pubblico. Ora trionfano i grandi
circuiti commerciali e torna il rischio dell’omologazione.
Gli standard esistono per offrire l’opportunità di improvvisare e
il contesto performativo è più importante del testo musicale.
Questo succede nel jazz. Ma vitalità e trasformazione sono
essenziali per ogni cultura che non si rassegni alla stagnazione.
Siamo un Paese ben strano: non abbiamo senso civico, ma
quando la nazionale trionfa siamo tutti in piazza con un tricolore,
come se l’amor patrio fosse il valore più profondo che
ci lega. Adesso è necessario ripartire senza carte truccate.
La letteratura per l’infanzia nel nostro tempo è in larga parte insignificante: pubblicizzata e descritta come oggetto di consumo, è diventata inoffensiva e scontata. Tornare a Jules Verne e al Capitano Nemo per lottare contro la disumanità del nostro tempo.
Un secolo fa si consumava l’ultimo atto della persecuzione scatenata dai turchi verso le minoranze cristiane dell’impero: armeni, greci e siriaci. Dopo il genocidio armeno del 1915 e la fine della prima guerra mondiale, la città venne messa a ferro e fuoco.