È il confronto tra il filosofo francese André Comte-Sponville e il teologo spagnolo Pablo d’Ors sul tema “Ma può esistere una spiritualità atea?” uno dei pezzi forti di questo numero di “Vita e Pensiero”. Il primo sostiene la possibilità di una spiritualità anche senza appartenere ad una religione, mentre il secondo sostiene il contrario, invitando però i cattolici a dare più spazio alla mistica e al silenzio. In un altro articolo, Giuliano Vigini, docente di Sociologia dell’editoria contemporanea all’Università Cattolica di Milano, affida alla Chiesa italiana l’idea di un “Piano Marshall per la lettura”, per rivitalizzare la cultura religiosa del nostro Paese.
Tra gli altri contenuti della rivista, l’editoriale “Radici cristiane ed eredità moderna” di Franco Giulio Brambilla; la riflessione dello storico Ernesto Galli della Loggia su “Cent’anni dopo Spengler l’Occidente al tramonto?”; “Il nuovo orizzonte del martirio cristiano”: il contributo di Gian Luca Potestà sui casi recenti di Tibhirine, ma anche di Romero, Puglisi e Livatino; la puntualizzazione del “Contro l’intrattenimento salviamo i veri romanzi”, una disamina del premio Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa.
Fra le proposte della rivista due interventi sulla demografia e sulla politica culturale, scritti rispettivamente da Alessandro Rosina e Fausto Colombo, mentre Gabrio Forti negli Scenari economici si occupa della giusta tutela delle vittime della violenza d’impresa. Infine Damiano Palano si chiede se le scienze sociali non siano giunte al capolinea.
La cultura occidentale possiede dei valori intrinseci, comunemente riconosciuti. Ma essi sono ancora tali anche a prescindere dalla loro origine religiosa? Un test attorno a cinque parole chiave: grazia e libertà, creazione, persona, comunità, futuro.
Dai primi secoli a oggi ecco com’è cambiato lo statuto del martirio. Una nozione dilatata fino a comprendere chi affronta la morte per una causa giusta. I casi recenti di Claverie e dei monaci di Tibhirine, ma anche di Romero, Puglisi e Livatino.
La guerra dei Trent’anni che imperversò 400 anni fa viene diversamente interpretata dagli storici. Chi la valuta una tragedia nazionale tedesca, chi un conflitto che cambiò volto al continente. Una nuova geopolitica, anche religiosa, si impose.
L’iniziativa parte da Vienna e rischia di riaprire vecchie ferite. E di minare il modello autonomistico altoatesino, caratterizzato dal compromesso e dalla pacifica convivenza dei gruppi linguistici, considerato esemplare in Europa e nel mondo.
Dopo venti secoli d’Occidente cristiano, siamo abituati a vivere in società in cui la sola spiritualità socialmente disponibile è sempre stata una religione. Un cliché oggi messo in dubbio: una tesi controcorrente e la puntualizzazione di un teologo.
Più strumenti ai giovani per mettere su famiglia; un sistema fiscale meno svantaggioso per le famiglie con figli; misure per armonizzare il rapporto tra famiglia e lavoro. Così le nascite possono tornare a essere un bene collettivo per il nostro Paese.
Siamo un Paese di poveri (di cultura), seduti su una miniera d’oro (di beni culturali) che non sappiamo apprezzare e di cui non ci sappiamo servire. Non c’è politica che non debba partire da qui, da questa rinuncia allo sfruttamento delle nostre risorse.
Non solo i criminali comuni, ma anche le grandi imprese possono rendersi responsabili di reati “violenti”. Lo si è visto di recente con Amazon, Eternit, Ilva, Monsanto e Thyssen Krupp. Fino al recentissimo disastro di Genova.
L’imperversare della cultura di uno sguardo da “grande fratello” fa sì che oggi si atrofizzi l’atteggiamento contemplativo, che non è puro spiritualismo. È la cultura del virtuale la vera insidia. Ma il paradosso del Vangelo sovverte il campo.
Fra psicoanalisi e teologia: dove la dottrina controlla, il discorso mistico appare come la possibilità di ridare al linguaggio una libertà e una facoltà di produrre novità. Il corpo cerca una via perché un soggetto possa riprendere la parola.
Dopo l’attenzione di Heidegger, Barth e Taubes nel Novecento, oggi la riflessione dell’Apostolo delle genti è rilanciata da pensatori non credenti come Badiou, Cacciari e Agamben. Una “inattualità” filosofica che tocca molti ambiti, compresa la politica.
Mentre la Chiesa d’Inghilterra lancia la sua Alexa, l’assistente spirituale personale e virtuale che recita le preghiere, c’è chi applica la Torah all’intelligenza artificiale. Ecco come i teologi cristiani rispondono alla sfida delle nuove tecnologie.
In un mercato del libro in cui solo il 41% dei lettori legge un libro all’anno e l’editoria cattolica ha perso il 20% negli ultimi cinque anni, è opportuna un’iniziativa di promozione per un’educazione dei credenti alla cultura religiosa.
Un tempo erano il “telescopio” attraverso cui osservare i mutamenti della società. Ora potrebbero rivelarsi sempre meno capaci di distinguere la realtà dalla fotografia che ne offrono i big data. Un’analisi e una provocazione.
Provenzano e i suoi pizzini sembrano lontani anni luce: oggi i mafiosi vanno su Facebook. Ma cosa significa questo passaggio dal totale isolamento ai social network? La realtà del mondo mafioso è molto più articolata di quanto possiamo pensare.
Rapper e under 30: sono i cantanti italiani che dominano le classifiche degli ultimi tempi. Siamo davanti a una rivoluzione del mercato o a una semplice evoluzione? Sia quel che sia, il mondo giovanile ha mutato i suoi gusti, anche nelle modalità di ascolto.
Viviamo un’epoca in cui, probabilmente, non si è mai letto così tanto. Ma è anche un tempo in cui la letteratura ha visto una trasformazione: ci distrae, ci addormenta, ci fa sprofondare in uno stato di sottomissione rispetto all’idea del mondo così com’è.
La letteratura per l’infanzia nel nostro tempo è in larga parte insignificante: pubblicizzata e descritta come oggetto di consumo, è diventata inoffensiva e scontata. Tornare a Jules Verne e al Capitano Nemo per lottare contro la disumanità del nostro tempo.
Un secolo fa si consumava l’ultimo atto della persecuzione scatenata dai turchi verso le minoranze cristiane dell’impero: armeni, greci e siriaci. Dopo il genocidio armeno del 1915 e la fine della prima guerra mondiale, la città venne messa a ferro e fuoco.