fbevnts Immagine, processo in corso

Immagine, processo in corso

07.12.2024
di Ruggero Eugeni

Lo scorso aprile la fotografia The Electrician dell’artista tedesco Boris Eldagsen è stata venduta per la ragguardevole cifra di 20.000 euro. Nella definizione del suo valore ha giovato probabilmente anche il clamore sollevato un anno prima: l’opera aveva vinto l’ambito Sony World Photography Award per la categoria Creative ma l’autore si era rifiutato di ritirare il premio rivelando che la foto era stata generata da un’intelligenza artificiale all’interno del suo progetto Pseudomnesia. Eldagsen aveva voluto dimostrare (riuscendoci) la difficoltà anche per un occhio esperto nel distinguere tra fotografie “vere” e opere generate da Intelligenze Artificiali Visuali (di qui in poi IAV).

L’episodio è significativo, ma presenta un aspetto fuorviante: potrebbe indurre l’idea che le IAV siano tutto sommato limitate al mondo specialistico dell’arte. Niente di più falso: esse sono ovunque, e noi stessi le utilizziamo magari senza rendercene conto. Le IAV correggono automaticamente le fotografie che facciamo con il nostro telefonino, per esempio riconoscendone i differenti soggetti (cielo, mare, prato) e illuminandoli differentemente; aprono i nostri smartphone o i gate in aeroporto grazie ai meccanismi di riconoscimento facciale; rielaborano e spesso letteralmente ricostruiscono le immagini scientifiche (come pensate sia stato possibile visualizzare il virus Covid per poterlo combattere opportunamente?); consentono al nostro robottino aspirapolvere di districarsi in quel labirinto infido che sono le nostre case il sabato mattina; ci consentono di giocare con i nostri volti invecchiandoli o ringiovanendoli (la piattaforma di videoconferenza Zoom incorpora automaticamente un filtro di abbellimento del nostro volto). E l’elenco potrebbe continuare.

E poi, ovviamente, le IAV possono generare immagini di qualità professionale a partire da una descrizione verbale (un “prompt”) e da un dialogo con esse mediante prove e tentativi: le piattaforme di IAV generative sono molte, da DALL-E a Midjourney. Esse stanno diffondendo una nuova estetica, in cui si accostano e si intrecciano almeno tre tendenze: la costruzione di falsi ricordi visuali collettivi (il senso dell’operazione Pseudomnesia di Eldagsen era proprio questo); l’affermazione di scene della storia e della cronaca contemporanee inusuali (la famosa foto del papa in piumino bianco, che è stata creata da un muratore di Chicago); e la creazione di immagini derivanti dall’accostamento incongruo di differenti schemi visuali, che secondo alcuni ricorda i procedimenti dell’arte dadaista (un esempio per tutti: il “Gesù – gambero” che ha circolato qualche mese fa). Gli utilizzi sono i più disparati, sia professionali (il mondo della pubblicità ha rapidamente trasformato i propri processi creativi) che amatoriali; sia ludici che più seriamente politici o propagandistici (dalla Taylor Swift che, novella zia Sam, invita a votare per Trump alle immagini per sensibilizzare sulla situazione dei campi profughi della Striscia di Gaza).

Tutte queste manifestazioni delle nuove tecnologie visuali creano, come è evidente, moltissimi problemi che toccano la liceità etica e religiosa di alcune rappresentazioni, le trasformazioni del mondo del lavoro, la possibile falsificazione dell’informazione, la tutela dei diritti d’autore e così via. A me sembra importante, tuttavia, comprendere anzitutto una trasformazione di fondo che tocca il concetto stesso di “immagine” e a partire dalla quale è possibile affrontare produttivamente le differenti questioni.

A partire almeno dall’invenzione della fotografia, a inizio Ottocento, l’immagine si è configurata come immagine tecnica: alcuni dispositivi consentono la sua produzione, il suo trasporto e la sua manifestazione in un setting differente da quello originario. Questo modello lineare della comunicazione visuale si è perpetuato nell’immagine foto-cinematografica, in quella elettrica e infine in quella digitale. Le IAV introducono un differente tipo di immagine che viene definita algoritmica. In questo caso, il baricentro del processo si sposta dall’asse orizzontale a quello verticale: l’immagine è ora un set dinamico di dati sottoposti a una serie costante di operazioni e trasformazioni operate da algoritmi; l’esito è talvolta (raramente) una immagine (come nel caso di quelle del nostro telefonino), ma più spesso è un processo (come nel caso dello sblocco dello stesso telefonino mediante il riconoscimento facciale).

Questa nuova logica convive attualmente con quella precedente, creando molti equivoci (per esempio sul concetto di “fotografia” e sulla sua “indicalità”). È tuttavia necessario e urgente cambiare il nostro atteggiamento e le nostre pretese di fronte alle immagini: occorre imparare a valutarle non più per quanto esse mostrano o rappresentano, ma per la quantità e la qualità delle informazioni che offrono, per i tipi di operazioni che ci consentono di effettuare, per quanto esse stesse operano spesso in maniera “invisuale”. Occorre insomma considerare le immagini come oggetti e dispositivi di una economia politica della luce e dei dati: a partire da qui sarà possibile trasformare i nostri timori in piani di azione e di intervento.

Ruggero Eugeni

Ruggero Eugeni è professore ordinario di Semiotica dei media presso l’Università Cattolica di Milano e dirige presso la stessa Università il Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo.
Il suo approccio ai media è attento da un lato agli aspetti esperienziali, corporei e affettivi dell’esperienza mediale, dall’altro lato ai suoi radicamenti culturali e linguistici. Da questo punto di vista sta seguendo due direzioni di ricerca: da un lato le forme della rappresentazione filmica dell’ipnosi quali messe in scena del dispositivo cinematografico e della sua esperienza; dall’altro la dispersione e la ibridazione dei media all’interno dei dispositivi di sorveglianza, di commercio e di potere della presente “condizione postmediale". Il suo sito è media | experience | semiotics.

Guarda tutti gli articoli scritti da Ruggero Eugeni
 

Array
(
    [acquista_oltre_giacenza] => 1
    [can_checkout_only_logged] => 0
    [codice_fiscale_obbligatorio] => 1
    [coming_soon] => 0
    [disabilita_inserimento_ordini_backend] => 0
    [fattura_obbligatoria] => 1
    [fuori_servizio] => 0
    [has_login] => 1
    [has_messaggi_ordine] => 1
    [has_registrazione] => 1
    [homepage_genere] => 0
    [homepage_keyword] => 0
    [insert_partecipanti_corso] => 0
    [is_login_obbligatoria] => 0
    [is_ordine_modificabile] => 1
    [libro_sospeso] => 0
    [moderazione_commenti] => 0
    [mostra_commenti_articoli] => 0
    [mostra_commenti_libri] => 0
    [multispedizione] => 0
    [pagamento_disattivo] => 0
    [reminder_carrello] => 0
    [sconto_tipologia_utente] => carrello
    [scontrino] => 0
    [seleziona_metodo_pagamento] => 1
    [seleziona_metodo_spedizione] => 1
)

Ultimo fascicolo

Anno: 2025 - n. 3

Iscriviti a VP Plus+

* campi obbligatori

In evidenza

Hiroshima e Nagasaki: la bomba ci inquieta ancora
Formato: Articolo | VITA E PENSIERO - 2025 - 3
Anno: 2025
È stato uno degli eventi più controversi del XX secolo ma di cui spesso si è persa la memoria. Ottant’anni dopo, alcune riflessioni sul significato di un atto di sterminio che ha segnato la fi ne della Seconda guerra mondiale ma anche l’inizio dell’era atomica.
Gratis

Inserire il codice per attivare il servizio.