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Le ragioni della speranza

04.01.2025

Papa Francesco ha indetto per il 2025 il XXXI Giubileo con la bolla Spes non confundit, la speranza non delude (Rm 5,5). Per augurare a tutti voi un proficuo inizio anno abbiamo chiesto a dieci docenti dell’Università Cattolica di proporre ragioni di speranza per l’Anno Santo.


1. Capitale sociale
di
Nando Pagnoncelli
Alla scelta di Papa Francesco di dedicare l’Anno Santo al tema della speranza fa da contraltare il clima sociale caratterizzato dal prevalente pessimismo, a tratti cupo, che riguarda le prospettive personali e le sorti del Paese. Eppure ci sono segni che dovrebbero indurre la speranza, a partire dal capitale sociale largamente diffuso: basti pensare alle oltre 360.000 organizzazioni non profit censite dall’ISTAT, ai 6,6 milioni di persone che svolgono attività di volontariato, ai milioni di italiani che con le loro donazioni sostengono progetti di carattere sociale. E la crescente attenzione alla sostenibilità, ambientale e sociale, che si declina in comportamenti virtuosi e al sostegno a iniziative come le CER (comunità energetiche rinnovabili) o ai Patti di collaborazione, cioè gli accordi tra cittadini ed enti locali che progettano e realizzano la rigenerazione di beni comuni urbani e la gestione condivisa di interventi di cura degli stessi. Un segno di speranza arriva anche dal mondo delle imprese, molte delle quali investono nella responsabilità sociale, consapevoli che il soggetto economico ha grandi responsabilità nei confronti della società. E infine il cammino sinodale della Chiesa italiana, che si concluderà nel 2025 dopo aver preso avvio con un’imponente fase di ascolto delle istanze di rinnovamento, che ha coinvolto 50.000 gruppi di lavoro.

2. Speranza di vita di Alessandro Rosina
In demografia la durata media di vita viene tecnicamente chiamata “Speranza di vita alla nascita”. Difficile trovare un nome più bello per un indicatore statistico. Quello che misura è però meramente la quantità di anni di vita, che in media può aspettarsi di vivere un bambino che apre gli occhi sul mondo appena uscito dal grembo materno.
Il paradosso del tempo in cui viviamo è che stiamo allungando la quantità di vita che ciascun singolo ha davanti a sé, ma nel contempo indeboliamo la vita che lasciamo dopo di noi, generata da noi per andare oltre a noi. Ecco, forse è la speranza nel guardare oltre che stiamo perdendo, che non alimentiamo in modo generativo.
La popolazione non è un’entità astratta. È un insieme di storie di vita in relazione tra di loro e in continua tensione con le sfide del proprio tempo. La popolazione è il grande libro che contiene tali storie. Ciascuna generazione aggiunge il proprio capitolo e prima di concluderlo predispone le pagine bianche che ospiteranno le vicende di quella successiva. È solo grazie alla speranza che tale libro non contiene la parola “fine”.

3. Clima di Angelo Finco
I primi segnali dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti: estati sempre più torride e afose, periodi di siccità ai quali fanno da contraltare precipitazioni di un’intensità mai vista. La situazione è drammatica, ma qualche dato ci fa accendere una speranza per il futuro dell’umanità e dell’ecosistema Terra. Le energie rinnovabili stanno vivendo una crescita senza precedenti: nel 2020, le fonti rinnovabili hanno rappresentato il 90% della nuova capacità energetica globale installata. Inoltre, i costi per la produzione di energia solare ed eolica sono diminuiti drasticamente, rendendole competitive rispetto ai combustibili fossili. Le energie rinnovabili sono oramai responsabili del 30% della produzione elettrica mondiale e la mobilità sta sempre di più abbandonando l’utilizzo di veicoli alimentati a combustibili fossili. La consapevolezza dell’importanza della lotta ai cambiamenti climatici sta prendendo sempre più piede lasciandoci ancora la speranza di poter evitare il peggio: c’è ancora una speranza ma serve il massimo impegno da parte di tutti.

4. Tempo di Fausto Colombo
Il concetto di speranza, esplorato a fondo dalle scienze umane (dal celebre Principio Speranza di Bloch al recentissimo Speranza. Passione del possibile di Gili e Mangone, in arrivo), è strettamente legato all’idea di tempo, lungo due dimensioni. La prima è diacronica e collettiva. Quando affidiamo il futuro alle nuove generazioni, perché esse siano in grado di superare le difficoltà che nell’attuale presente ci paiono insormontabili (crisi ambientale, guerre e minaccia nucleare, implosione delle democrazie), la speranza ci fa sentire parte di una comunità cui apparteniamo e a cui sentiamo di poter affidare il futuro.
La seconda dimensione è invece di tipo sincronico e personale. Riguarda il nostro io nel suo presente come orizzonte di possibilità: al migrante che ostinatamente sfida il Mediterraneo, al malato che affronta la cruda realtà che vive senza arrendersi, al giovane che continua a cercare il proprio posto in un mondo ostile, la speranza svela i segreti del presente, in cui una pluralità di occasioni si cela e si svela, negando l’ineluttabilità del destino.
Le due dimensioni della speranza schiudono il tempo come un fiore, illuminandolo con una luce nuova.

5. Esistere di Giuseppe D’Anna
Una ragione che spera è una ragione che, sapendo del proprio limite, ricerca le ragioni del suo stesso fondamento, dischiudendosi, liberamente e consapevolmente, a ciò che la trascende. Individuare le ragioni della speranza significa dunque avviare un movimento del pensiero che, incarnato nell’essere umano, a partire dall’esperienza, rilevi l’impossibilità di una autogiustificazione razionale del contingente. L’inquietudine originaria dell’esistere, che non si arrende di fronte all’insensatezza del “frammento”, diviene speranza nella misura in cui si determina come profonda ricerca del disvelamento delle ragioni della relazione tra il fondato e ciò che lo fonda, tra l’immanenza e la trascendenza, tra l’esserci e l’Essere. È in questa dinamica e mai esaurita tensionalità che il pensiero dischiude la temporalità dell’esistere e, come sostiene Gabriel Marcel, non le consente di consumarsi in se stessa, negandole il nichilismo come suo proprio destino. La speranza ha la struttura dell’apertura; essa «[…] è il tessuto della nostra anima: forse la speranza coincide con l’esigenza del trascendente, costituendo così la risorsa ultima dell’uomo itinerante». (G. Marcel, Il mistero dell’essere, Borla, Roma 1987, p. 327). La persona, quindi, ritrova le ragioni della speranza, quando, grazie al pensiero, rinviene l’insostenibilità della finitudine per se stessa e, aprendosi a ciò che la eccede, si insedia nel trascendente come sua propria “destinazione”. Solo un pensiero che ha compreso l’inaggirabile necessità della trascendenza può scorgere le ragioni del prezioso dono della vita che nella struttura dell’Essere e dell’esperienza, si fanno speranza universale.

6. Carcere di Arianna Visconti
«Ero carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35)
Alla radice della Costituzione è la speranza, e tanto più profonda è questa radice per il più tetro dei rami del diritto, quello penale. L’enunciazione della pari dignità sociale (art. 3, co. 1) si rispecchia nel riconoscimento di quella libertà di autodeterminazione, proiettata al futuro, che fonda tanto la garanzia del principio di legalità (art. 25, co. 2), quanto la natura personale della responsabilità (art. 27, co. 1) e la tutela della capacità di cambiamento pure di chi si sia posto, magari con violenza estrema, in conflitto con la società, cui è dovere della Repubblica offrire una reale opportunità di rieducazione (art. 27, co. 3). Il reinserimento sociale è, tra tutte le funzioni della pena, l’unica costituzionalmente obbligata, epitome del dovere dello Stato di rimuovere gli «ostacoli» economici e sociali che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, «impediscono il pieno sviluppo della persona umana» (art. 3 co. 2). Despondere spem est munus nostrum è il motto della Polizia penitenziaria. Per quanto arduo sia coltivare questa speranza in un momento in cui sovraffollamento, violenza, mancanza di risorse e disperazione piagano le nostre carceri, e in cui delle istituzioni penali vengono esaltati, con leggi e con simboli, solo i tratti più feroci e repressivi, non possiamo lasciar disseccare questa radice. Un albero senza radici è spazzato dal vento.

7. Meraviglia di Rosangela Lodigiani
C’è poca ragione nelle ragioni della speranza che è anzitutto meraviglia. La luce che rischiara l’alba, il bianco dell’elleboro d’inverno, l’improbabile efflorescenza dei cactus. È stupore dell’incontro con l’altro, il Tu che mi (ri)guarda. Diverso, anche scomodo, eppure necessario per essere chi sono. Promessa e trauma insieme, ma sempre sorgivo di senso. È pretesa di futuro dentro a un presente difficile da abitare. La vedo accendersi qua e là in studenti e studentesse che a lezione intervengono e si appassionano; trapela dalle parole di chi fragile e vulnerabile incontro per ragioni di ricerca e dà voce ad aspirazioni nascoste; tracima dalla tua impazienza (mio) figlio dell’altrove in cerca di casa. È mistero che si annida nell’eccedenza della vita rispetto a ogni attesa, programma, desiderio. Scarto permanente che ci sorprende, spiazza, precede e supera, immette in una storia, porta a camminare su sentieri inimmaginati. In “direzione ostinata e contraria”, caparbiamente talvolta; senza meta talaltra. Come la speranza bambina di Péguy, che consuma strada senza risparmiare i passi per “essere lì il giorno che veniamo chiamati”, perché in noi per primi la speranza è riposta.
È paradosso, è scandalo che ci scuote quando è resistenza quotidiana che scorgiamo all’opera in esistenze duramente segnate dalla prova della solitudine, del dolore, della malattia, della guerra. È coraggio delle idee che tutto chiede di sé a chi lotta per potersi esprimere liberamente, pienamente: “donna, vita, libertà”.
È gratitudine per chi la tiene accesa anche per noi.
C’è poca ragione nelle ragioni della speranza ma la scoperta di bene dove non pensavi, di bene che anche tu puoi fare.

8. Narrazione di Mariagrazia Fanchi
All’inizio degli anni Sessanta del Novecento, Giuseppe Sala, già direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia, dà alle stampe un volumetto dal titolo Desolazione e speranza. Il volume è una galleria dei protagonisti della stagione neorealista, capaci con le loro opere di rappresentare il dolore e la distruzione della guerra e di offrire una prospettiva su un futuro di pace. Nelle pagine introduttive Sala si interroga sulla possibilità di replicare quella stagione, di trovare linguaggi e tempi per raccontare l’angoscia “più intima e profonda” di cui già si intuivano i prodromi e che avrebbe portato alla stagione del terrorismo.
Come allora anche oggi siamo di fronte a una realtà in cambiamento, di cui fatichiamo a intendere le logiche, che genera malessere e ansia; e come allora chiediamo ai media un cambio di passo, una narrazione autentica e coraggiosa, che cerchi la conciliazione e non il conflitto, e che accenda punti di luce verso un futuro di comunione e di speranza.

9. Carità di Dante José Liano Quezada
In uno dei gironi del suo Inferno, Dante Alighieri interroga un condannato e gli chiede se a Firenze esiste ancora la cortesia. Si potrebbe considerare banale una domanda del genere. Non lo è: la buona educazione equivale alle prime lettere del patto sociale. Chi non conosce la cortesia, non conosce la civiltà. Questa domanda elementare potrebbe essere riformulata oggi, in mezzo al rumore e al vituperio, circondati da ecatombi, guerre e genocidi. Esiste ancora la speranza? È ancora valido l'augurio di un altro poeta, César Vallejo? Si ameranno tutti gli uomini [...]! I ciechi, già di ritorno, vedranno, e palpitando udranno i sordi! [...]Saranno dati i baci che non avete potuto dare! Possiamo sperare, sul filo dell’orizzonte, in un po' di carità, che manca tanto? Il motivo della nostra speranza sta nel nostro afflitto cuore. Juan Ramón Jiménez dice: se la morte non esistesse, non apprezzeremmo la vita. Poiché viviamo in un'epoca senza speranza, proprio per questo la speranza è più forte. Con il Dottor Rieux, da La peste, ci rendiamo conto che ci salva solo la nostra fede invitta nella solidarietà degli esseri umani, nella loro divina tendenza verso l'assoluto. Ed è qui che risiede la speranza.

10. Vangelo di Marco Rizzi
“Fede è sostanza di cose sperate” (Eb 11,1). La prospettiva più consueta con cui viene interpretato il versetto, secondo cui la fede genera e determina i contenuti della speranza, può essere rovesciata. L’affermazione viene infatti illuminata da quanto scrive Paolo: “Siamo stati salvati grazie alla speranza” (Rm 8,24). All’origine dell’annuncio cristiano, è la speranza a generare la fede e a offrirle le ragioni per credere.
L’attuale contesto europeo, caratterizzato da una società secolarizzata e tecnologicamente avanzata, sembra aver reso implausibile il credere e aver svuotato di senso la domanda che Kant poneva quale criterio di legittimità possibile di una fede post-illuministica: “Cosa mi è lecito sperare?”. Invece, la forza originaria del vangelo ci ricorda come anche nella società postmoderna sia solo ciò che speriamo a rendere possibile e credibile la fede: “Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che ve ne chiedono ragione” (1Pt 3,15).

A cura della redazione

Roberto Righetto, Roberto Presilla, Velania La Mendola e Simone Biundo

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