UN'ESTATE AI FESTIVAL, CON MASCHERINA E IGIENIZZANTE!

UN'ESTATE AI FESTIVAL, CON MASCHERINA E IGIENIZZANTE!

27.06.2020
di Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino

Dopo più di tre mesi di chiusura, con un'alluvione di dirette streaming e di filmati d'archivio, il 15 giugno i cinema e i teatri hanno finalmente avuto la possibilità di riaprire.

Ma come? Ti misurano la febbre all'ingresso, bisogna prenotare, i biglietti sono digitali e gli ingressi programmati per evitare assembramenti. Una volta in platea, lo straniamento permane: saluti e baci si possono dare solo da lontano, le poltrone in platea sono sfalsate per consentire il distanziamento sociale e qualcuno per evitare equivoci le ha in parte sradicate, lasciando solo i pochi posti consentiti. L'unico vantaggio è che non rischi più di avere la visuale impedita da un cranio o da una chioma fuori misura... Se assistere a uno spettacolo è un esercizio di socialità, si tratta di una socialità con forti vincoli.

Ma alla socialità dei festival, come si torna?
Una prima fotografia della situazione arriva da Trovafestival, il portale online che dal 2017 ha censito oltre un migliaio di manifestazioni nei diversi settori: arti visive (95), cinema e audiovisivo (177), libri e approfondimento culturale (255), musica (261), spettacolo (284). Dall'inizio della pandemia, Trovafestival monitora una situazione che appare drammatica per molti aspetti: culturale, innanzitutto, ma anche occupazionale ed economico, senza contare il parallelo tracollo del settore del turismo, in molti casi strettamente collegato al mondo dei festival.

Nei mesi del lockdown, tra fine febbraio e metà giugno, erano programmate circa 300 manifestazioni. Tra i direttori artistici e gli organizzatori, un centinaio ha deciso di rinviare l'edizione 2020 direttamente all'anno successivo. Trentacinque festival sono passati in streaming, perdendo il contatto fisico con gli utenti e con il territorio: si tratta di una scelta praticabile per il mondo letterario, meno nell'ambito dello spettacolo dal vivo.

Poi c'è stato un effetto slavina. Ventotto festival si sono spostati da marzo-maggio a giugno-agosto: edizioni ridotte, senza artisti stranieri, con pochissime novità, data l'impossibilità di provare nuovi allestimenti, e proposte adattate alle misure restrittive a tutela della salute collettiva. Trentaquattro festival si sono spostati a settembre, altri ventiquattro a ottobre, con un significativo aumento dell'offerta nel secondo periodo dell'anno, a discapito di una domanda rimasta invariata, se non ridotta.

Il resto, circa altri cento festival, a metà giugno era ancora indeciso sul da farsi, considerando anche la complessità delle normative dettate da una burocrazia “all'italiana”.

In compenso nel limbo dell''incertezza l’inventiva è esplosa. Tranne i manager della musica pop e rock, che hanno fatto barricata comune annullando i super-concerti estivi, le idee per il rispetto creativo delle normative si sono moltiplicate.

Come tutti gli spazi e le manifestazioni pubbliche, il festival teatrale Urbino Teatro Urbano ha dovuto porsi il problema della segnaletica. In collaborazione con ISIA, ha lanciato il progetto GoDot, il “primo protocollo pensato e sviluppato ad hoc per lo spettacolo dal vivo in fase 2” che coniuga “le esigenze dello spettacolo con le norme anti contagio, soprattutto in merito alle gestione dei flussi di pubblico”, offrendo soluzioni poetiche e ludiche che coinvolgano e attivino gli spettatori.

Santarcangelo, uno dei più noti e longevi festival del nuovo teatro, quest'anno festeggia il cinquantennale. Causa Covid-19 si è diviso in tre tappe: la prima, dal 15 al 19 luglio, coinvolgerà i bambini della zona sia per una performance site specific sia per creare una segnaletica umana. Dimonstrando che un limite può trasformarsi in intrattenimento. A Campsirago il Giardino delle Esperidi, che da anni si interroga sul nostro rapporto con la natura, presenta percorsi spettacolari dove alle normative per lo spettacolo si intrecciano quelle per le escursioni nel paesaggio.

Molti eventi hanno confermato la loro presenza nell'estate 2020, con un sospiro di sollievo per il settore HoReCa locale. I festival rappresentano un elemento centrale del panorama culturale italiano, ma anche il loro impatto economico è significativo. Negli ambiti del cinema e dello spettacolo dal vivo, ogni euro speso nella gestione organizzativa genera 1,7 euro di effetti indiretti e 2,4 euro di valore aggiunto. Oltre al biglietto di ingresso la spesa media del pubblico è di 53 euro a persona, che si traduce in 5,3 miliardi di euro in beni e servizi e in 15,5 miliardi di euro di indotto a livello territoriale e 99 000 unità di lavoro (fonte: analisi Agis, Impresa Cultura Italia-Confcommercio, 2018). È evidente la centralità del settore per la filiera turistica, sia come attrattore del “turismo culturale” sia per le ricadute sul piano della reputazione.

I festival offrono una leva per mantenere viva la tradizione e l'identità culturale del nostro paese e dei suoi territori, per esempio attraverso le manifestazioni che celebrano grandi artefici del teatro musicale italiano, come Rossini a Pesaro o Puccini a Torre del Lago. In molti ambiti hanno offerto una libertà di sperimentazione e di innovazione che le strutture culturali italiane non concedono, in particolare negli ambiti delle arti visive, dello spettacolo e della musica contemporanea.

Sul versante della socialità, i festival possono innescare meccanismi di partecipazione e attivazione dei cittadini e delle comunità. Esemplare il caso degli abitanti di Sansepolcro coinvolti nella progettazione del festival di teatro Kilowatt. Più in generale, basti pensare al ruolo dei volontari nella realizzazione di molte manifestazioni e agli effetti anche di lungo termine di questo coinvolgimento per i singoli volontari e per il territorio. Inutile sottolineare quanto le fiere e i festival letterari abbiano contribuito in questi anni ad accrescere la consapevolezza dell'importanza e del piacere, della lettura in un paese con gli indici di lettura tra i più bassi d'Europa.

Il settore dei festival rappresenta per il nostro paese una delle rare eccellenze nel settore della cultura: per il loro apporto creativo e per l'intensità dell'esperienza, per il legame con i territori e con la loro vitalità culturale, per il successo di pubblico e per l'indotto economico.
Tuttavia è un settore ancora frammentato e poco valorizzato. Per molti un festival è un evento effimero, pop, divertente, social... Sostituisce la sacralità della “cosa vera” a favore di una fruizione festosa e partecipata. E tuttavia per molti italiani continua a rappresentare la porta d'ingresso più facile al mondo della cultura contemporanea, anche nelle sue forme “alte”.

Per questo la crisi dei festival sarebbe un danno irreparabile per l'intera cultura italiana: non solo quella del presente, quanto quella del futuro.

di Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino

Giulia Alonzo collabora con diverse testate di teatro e arte. È autrice di Dioniso e la nuvola. L’informazione e la critica teatrale in rete (con O. Ponte di Pino, Franco Angeli, 2017).

Oliviero Ponte di Pino Lavora da quarant’anni nell’editoria (Ubulibri, Rizzoli, Garzanti, di cui è stato direttore editoriale per oltre dieci anni, pubblicando numerosi importanti autori italiani e stranieri). Giornalista (radio, tv, giornali), docente universitario, attivo in rete (www.olivieropdp.it, www.ateatro.it), è autore di diversi volumi tra cui I mestieri del libro (2008). Tiene lezioni in master di editoria, scrittura creativa, giornalismo culturale e management di eventi culturali.


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