Concentrazione, mercato e piccola editoria

Quando apprendiamo che il maggior editore di libri negli Stati Uniti, Penguin Random House, di proprietà del gruppo tedesco Bertelsmann, ha appena acquisito da ViacomCBS, nientemeno che per 2,175 miliardi di dollari, un colosso come Simon & Schuster, ci rendiamo subito conto di come le acquisizioni, le fusioni, le transazioni stiano sempre più rimodellando il mercato del libro a livello internazionale. È chiaro infatti che, sempre più dominato dai giganti dell’editoria – che possiedono, come in questo specifico caso, molte centinaia di case editrici attive nei singoli settori e ambiti operativi –, le dinamiche del mercato si modificano inevitabilmente per tutti. E anche se le autorità garanti della concorrenza nei vari Paesi non ravvisano, in determinate operazioni di concentrazione, elementi distorsivi del mercato o di abuso di posizione dominante, e sono quindi operazioni giuridicamente legittime, non c’è dubbio che, all’atto pratico, la media e la piccola editoria si trovino a dover affrontare nuove sfide di notevole portata.
Ci si pone per questo la fatidica domanda: quali possono essere le possibilità di presenza e sviluppo dei “medi” e dei “piccoli” (piccoli editori e piccole librerie indipendenti), in un’area editoriale e commerciale occupata per gran parte dai “grandi”? Naturalmente. i grandi di casa nostra non sono comparabili alle multinazionali straniere, se appena si tiene conto del dato che i primi cinque gruppi del mondo – a cominciare dal primo, RELX Group (Reed Elsevier), con 5,636 miliardi di dollari – realizzano ciascuno dei ricavi annuali superiori a quelli di tutta l'editoria italiana messa insieme (3,036 miliardi nel 2019). Ma se mettiamo una in fila all'altra le acquisizioni e le fusioni avvenute anche in Italia in seno alle aziende editoriali e distributive, possiamo osservare che a poco a poco anche un mercato come il nostro, già ristretto e frammentato, ha subìto dei cambiamenti non trascurabili a vari livelli.
D'altra parte, non si può pensare che quando il primo editore italiano (Mondadori Libri) acquisisce il secondo (Rizzoli Libri); il primo distributore italiano (Messaggerie Libri) crea una holding operativa con il secondo (PDE di Feltrinelli); Feltrinelli e Emmelibri (Messaggerie Italiane) si uniscono in una joint-venture (Stereo on line) per l'attività del grande sito italiano di commercio elettronico IBS, anche per affrontare la presenza massiccia e sempre più pervasiva sul mercato italiano di Amazon nella vendita di libri; che quando RCS Mediagroup torna nell'area editoriale libraria con la casa editrice Solferino, o Urbano Cairo fa confluire in una nuova società commissionaria (CairoRCS Media) RCS Pubblicità e Cairo Communication, per ottenere benefici dall'operazione (risparmio, integrazione, più forza commerciale per tutti i giornali e le riviste del Gruppo): non si può pensare, dicevo, che tutto resti come prima.
Così, sotto il peso determinante dei primi quattro gruppi (Mondadori, GeMS, Giunti, Feltrinelli) nell'area del libro di consumo, e di altri quattro gruppi nel mercato delle adozioni del libro scolastico (Zanichelli, Mondadori, Pearson e De Agostini) si determina un livello di concentrazione piuttosto intenso, visto che risulta dai dati di vendita che 97 editori fanno l'80% del mercato della libreria e 8.000 sigle editoriali il restante 20%. E visto anche che, su un totale di 1.200 librerie di catena e altri 3.000 librerie e punti vendita indipendenti, soltanto con 305 librerie si realizza il 60% del fatturato del canale, si comprende quanto sia sempre più difficile oggi, per un medio e piccolo editore, ritagliarsi uno spazio che gli consenta di resistere e di avere uno sviluppo sostenibile.
Giuliano Vigini
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