Il klingon, una lingua "sbagliata"

Il klingon è stato elaborato negli anni ottanta del Novecento, da Marc Okrand, un esperto delle lingue dei native Americans che ha trovato la gallina dalle uova d’oro nel settore delle serie televisive e cinematografiche. Dapprima si è occupato di didascalie e sottotitoli, poi ha inventato le lingue di comunità di personaggi umanoidi, alieni o alienati che vivono nei vari mondi fantastici così di moda nell’epoca contemporanea. Il successo di Star Trek deve molto a Okrand, che per rendere la lontananza dei mondi e dei personaggi ha elaborato il vulcaniano, una lingua lontana dalle lingue storiche – cioè da quelle che si manifestano in documenti, di qualsiasi epoca e qualsiasi luogo della Terra. Poi ci ha preso gusto e ha escogitato un po’ di altri strumenti espressivi, come il klingon. Okrand informa di essersi ispirato alle lingue di comunità native (che negli ultimi due secoli furono distrutte dai “migranti” anglo-americani…). Il klingon sorge sul pianeta Qo’noS dopo l’unificazione politica in seguito alla formazione dell’impero. Su quel pianeta vi erano prima molte varietà di lingue, ma le necessità della comunicazione imposero lo sviluppo di una varietà comune, che assorbì espressioni dalle lingue precedenti. Quindi nel klingon vi sono fenomeni di substrato, come accade per il francese, che ha alcuni gallicismi, p.es. quatre-vingt per ‘ottanta’ (otto volte dieci). Pensiamo anche alle diverse tendenze nella fonetica dei vari dialetti lombardi: è probabile che vi sia, un pochino, l’azione di sostrati diversi. È poi importante rilevare che la varietà klingon standard (diremmo la “norma”, le bon usage) è basata sul modo di parlare e scrivere del potente di turno. Al cambio di regime, cambia la varietà standard. Forse qualcosa di simile accade anche alle lingue terrestri.
Ma come funziona il klingon?
Nel klingon è usato un modello di grammatica costruito da uno studioso per prendersi gioco della linguistica, ma soprattutto per far soldi, e in modo meritorio. Egli ha mostrato come sia pensabile la comunicazione tra individui di un modo fantastico. E per marcare la lontananza rispetto al mondo reale ha scelto di costruire un idioma improponibile per un individuo di lingua e cultura anglo-americana. Per esempio, in fonetica ci sono consonanti molto rare e non ci sono quelle più diffuse; però l’inventario delle vocali è molto semplice e assomiglia a quello dell’italiano o del georgiano. In grammatica le parti di una frase sono disposte nell’ordine più improbabile, come “oggetto + verbo + soggetto”.
Il lessico è difficile da registrare perché i klingon sono guerrieri e, resi prigionieri, non rilevano segreti. Ogni tanto, a qualcuno scappa qualche parola. Okrand le registra e, da bravo, le comunica alla comunità degli studiosi radunata nel KLI, che poi è il Klingon Language Institute. Anche qui, si scherza sulle attività meritorie degli studiosi radunati nel Summer Institute of Linguistics, che fanno ricerca sul campo. Il bello è che le parole raccolte – o estorte – lasciano intravedere una cultura molto diversa da quella anglo-americana, proprio come accade nelle indagini di lingue native. A volte, però, le parole rivelano tracce terrestri, di matrice nettamente anglofona. Per esempio, pesce si dice ghotl che è una parola fittizia usata da eruditi per indicare la stranezza della grafia inglese: va pronunciata come gh di enough, o di women, ti di nation, e il risultato è, appunto, la pronuncia di fish. Come la parola sia arrivata nel klingon, è materia d’indagine: ma è un bell’esempio di prestito a contatto.
Il klingon è ricco di parole per indicare le navi spaziali, i pianeti e altri elementi del mondo di Star Trek. Ma non sembra ci siano ancora le parole per oggetti come il frigorifero o i pannolini. Così, almeno, assicura la voce Klingonische Sprache sul wikipedia tedesco. Questa è la versione migliore per la descrizione delle proprietà flessionali, lessicali e testuali del klingon. In russo si parla di nemeckaja akkuratnost’ (‘accuratezza tedesca’): vale anche per il klingon. A questo proposito, vi è una vasta manualistica in lingua tedesca, che dà ordine alle opere in inglese di Okrand: merita cenno, in proposito, Klingonisch für Fortgeschrittene ‘il klingon per studenti avanzati’ che fornisce le chiavi per raggiungere un livello di competenze pari a C2 del Portfolio Europeo delle Lingue – cose da marziani, insomma…
La parte più interessante è la violazione delle regole di grammatica; è una pratica abituale nella comunicazione, e non solo presso gli alieni… La struttura grammaticale del klingon è fatta per contraddire il comportamento previsto dai modelli costruiti da esperti di teoria grammaticale. Tanta popolarità di questo codice è forse dovuta alla condivisione di comportamenti non grammaticali? Il lato più divertente della faccenda è che il klingon funziona: è una lingua fatta “a testa in giù” che si fa beffe della grammatica “umana” – dunque per la cultura degli alieni è un ottimo biglietto di visita (non da visita, neh: questo pezzo non è scritto in klingon). Ma se il klingon funziona perché vi sono esaltate le costruzioni non grammaticali, vuol dire che vi è un’altra dimensione della lingua che va oltre la grammatica inconsueta: è la “grammatica della conversazione”. A farla sono gli individui che interagiscono e si comprendono pur nelle espressioni improponibili che sono impiegate come messaggi. Come conseguenza, riconosciamo la profonda umanità di una lingua fittizia, con una grammatica improponibile e con abitudini comunicative che si fanno beffe della grammatica. Visto come vanno le cose sulla Terra, vi è da ritenere che sul pianeta Qo’noS ci siano tipi abbastanza “normali”…
Giovanni Gobber
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