Verso l’anno del Manzoni

di Giuliano Vigini
Dopo Dante, inizia per editori ed enti il cammino di preparazione ai 150 anni (22 maggio 2023) dalla morte di un altro grande della letteratura italiana ed europea, Alessandro Manzoni. Si vorrebbe anzi che anche per il Manzoni si istituisse ufficialmente un intero anno a lui dedicato, perché anche la sua opera – a cominciare da un capolavoro come I promessi sposi – resta a gloria imperitura del nostro Paese.
Scriveva Giuseppe Pontiggia – nella premessa al volume su Manzoni europeo – che di per sé un classico è uno “che si sottrae agli appuntamenti degli anniversari, perché la sua opera non tanto sopravvive, quanto vive nel tempo, in una durata misteriosa e continuamente rinnovata”. Ma aggiungeva anche che un anniversario è un’occasione propizia per ripensare e rimeditare “la ricchezza prodigiosa della sua opera”, spesso letta con pregiudizio ideologico o in una prospettiva critica parziale, e pertanto al di fuori di quella visione completa, serena e obiettiva, in virtù della quale il Manzoni non rappresenta soltanto un ammirato patrimonio letterario, ma anche uno scrittore amato e sentito da molti particolarmente vicino.
Certamente, già prima della data canonica, avremo nuove edizioni e ristampe, non meno che saggi generali e particolari sul Manzoni, che si aggiungeranno alle 316 edizioni e ai 368 saggi attualmente in circolazione. Del resto, un grande classico è tale proprio perché ha sempre qualcosa da dire, avendo una complessità e una rilevanza che non si finisce mai di scoprire ed esplorare. Ed è il motivo per cui i classici sono sempre qui tra noi, non perché – come diceva sempre l’autore di Nati due volte in I contemporanei del futuro – siano dei nostri contemporanei, ma perché siamo noi che diventiamo contemporanei loro, che sono “la riserva del futuro”.
Va da sé che la maggior parte delle attenzioni editoriali sarà dedicata ai Promessi sposi, come già in passato, visto che il 60,5% delle edizioni e dei saggi in commercio ha come testo di riferimento il romanzo manzoniano. Lì, infatti, si concentra la summa dell’arte, della religiosità e dell’etica manzoniana, dove i fatti e le idee, i luoghi, i personaggi e gli ambienti offrono un’infinità di piste per indagini, analisi e commenti critici, volti a individuare aspetti antichi e nuovi del mondo che il Manzoni rappresenta. Ed è un mondo in cui, nel racconto di una cronaca milanese e lombarda del Seicento, ambientata in luoghi e atmosfere domestiche, storia locale, storia nazionale e internazionale si intrecciano mirabilmente. Si disegna la storia del tempo, con tutta la sua violenza, le sue ingiustizie e i suoi imbrogli, ma insieme le multiformi e insondabili realtà del cuore umano.
Grande regista di idee e parole, Manzoni sa infatti orchestrare le vicende, le riflessioni e i giudizi all’interno di una visione poetica solida e coerente, nella quale la concezione cristiana della vita si afferma come linfa vitale che permea per intero il romanzo. Ma senza forzature, grazie a quell’originale impasto per il quale religione, estetica ed etica formano come naturalmente un corpo armonico. Al di là delle sue fonti storiche,questo romanzo è in realtà unico, non solo per l'originalità della costruzione, la finissima rappresentazione dei personaggi, la maestria della lingua, l'universalità del messaggio, che trascende le vicende narrate, ma per la sapienza, la felicità poetica, la freschezza espressiva con cui le tre prospettive indicate si fondono. Tutto concorre alla naturalezza e all'incisività di un discorso narrativo che – come sottolineava Natalino Sapegno nel suo Ritratto di Manzoni e altri saggi – “si modula con un'infinita varietà e con un'adesione continua al vario intonarsi dell'ispirazione interna, si dilata nelle descrizioni, si concentra e si raddensa nei ritratti, si articola nelle battute dei dialoghi, si raccorcia nelle strutture ellittiche del monologo interiore, sfiora a tratti i modi solenni e austeri dello storico e del moralista, trapassa con meravigliosa agilità dai toni più alti ai più dimessi, pur rimanendo dovunque fedele alle leggi della “prosa”, senza eccessi e senza sbandamenti”.
A scorrere la bibliografia manzoniana sembra che sia già stato detto tutto. Invece è sempre un nuovo inizio, denso di sorprese. L’anno manzoniano ne sarà un’ulteriore testimonianza.
Giuliano Vigini
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