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Dopo un anno di guerra in Ucraina, una riflessione sullo stato russo, in cui sopravvive l’eredità di Lenin e Stalin: la religione della vittoria contro i nemici esterni, non importa quali. Come disse I. Ilyin, “Senza un nemico, non c’è più Russia”.

A 150 anni dalla nascita, Charles Péguy rimane una «strana figura», come ebbe a scrivere Prezzolini, capace di profonda coerenza e di limpida testimonianza cristiana, che ha avuto un grande influsso sulla cultura italiana.

La confessione presenta analogie e differenze con altre pratiche psicoterapeutiche, ma se ne differenzia per il richiamo «a concetti teistici o al sacro». La complessità e la ricchezza della confessione spirituale.

La guerra in Congo continua: il governo congolese, i ribelli, il governo ruandese si scambiano accuse, mentre cercano di controllare le vie di comunicazione e il passaggio delle ricchezze.

In vista della Giornata della Memoria, una riflessione sul significato e il senso della memoria e della commemorazione, per fare argine alla barbarie in cui siamo tentati di cadere.

Un secolo fa si consumava l’ultimo atto della persecuzione scatenata dai turchi verso le minoranze cristiane dell’impero: armeni, greci e siriaci. Dopo il genocidio armeno del 1915 e la fine della prima guerra mondiale, la città venne messa a ferro e fuoco.
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L’esito dell’aggressione russa all’Ucraina è essenziale per il futuro della democrazia. Le scelte autoritarie di Mosca e Pechino impongono risposte in direzione di un sistema più multilaterale e multipolare, ma sempre inscritto nei principi dell’ordine liberale.
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La visione del futuro e la speranza che la anima, nelle parole scelte e commentate da tredici giovani, laureati nel 2021 all’Università Cattolica e vincitori del premio Gemelli.

Per che cosa lodare Dio, per che cosa ringraziare? Lo abbiamo chiesto a 10 docenti dell’Università Cattolica. «La terra, che, senza Dio, potrebbe cessare di essere un caos solo per essere un carcere, è in realtà il campo magnifico e doloroso, in cui si elabora il nostro destino eterno» (H. De Lubac, Natale 1943).

Gli attivisti che imbrattano (o distruggono) opere d’arte lo fanno in nome di una moralità ideologica, convinti che in democrazia tutto conta, purché si parli di loro. Per questo non sono in grado di rispettare fino in fondo l’arte.
